Sul fronte del Cukla-Rombon seguendo il sacrificio del giovane alpino

Sul fronte del Cukla-Rombon seguendo il sacrifico del giovane alpino  nella Grande Guerra

(fotografie esclusive dell’alpino Massimo Peloia, per gentile concessione)

L’articolo sulla rivista L’Alpino, numero di novembre

Massimo Peloia è un socio alpino della Sezione ANA di Saronno. Si è sempre interessato alle vicende  terribili e drammatiche della Prima Guerra Mondiale, dedicando attenzione particolare ai dimenticati eroi del Battaglione alpino ValCamonica, 5° Reggimento alpino.

Erano per la maggior parte ragazzi bergamaschi e bresciani, che combatterono soprattutto sui versanti di due monti famigerati per l’alto numero di vittime nelle battaglie svolte sui loro versanti. Sono il Cukla (1776 metri) e il Rombon, che raggiunge i 2.208 metri di altezza, accanto al Romboncino, a quota 2105. Massimo Peloia ha voluto salire fin lassù, al confine con la Slovenia, per rendere omaggio alle migliaia di ragazzi lanciati nell’impeto delle battaglie, strappati alle loro case, alla loro vita di gioventù, molti di essi mai più tornati a casa. Era uno dei fronti di guerra “forse la più ingrata del nostro schieramento alpino” come disse il Generale Cadorna.

Una gavetta rimasta sul Rombon, fotografia di Massimo Peloia

Il Cukla e Rombon rimasero quasi sempre in mano agli Austriaci e più volte vennero invano attaccati dagli Italiani. Solo il Cukla divenne italiano, anche se solo per pochi mesi, tra il 1915 e il 1916. Ma in generale ci furono incessanti e sanguinosi tentativi che portarono solo esiti drammatici, con innumerevoli Caduti. L’epilogo fu dato la sera del 24 ottobre 1917, dopo la disfatta di Caporetto, quando le truppe italiane abbandonarono per sempre il Cukla – Rombon.

Il cippo sul Cukla, foto di Massimo Peloia

Lassù rimasero soltanto le anime dei tantissimi ragazzi morti in combattimento. Tra essi il giovane alpino bergamasco Fermo Antonio Carrara, terzultimo di cinque fratelli mandati in guerra. Proveniva da un borgo delle valli bergamasche, Amora Bassa di Aviatico, e quella notte tra l’1 e il 2 agosto 1916, aveva 20 anni e pochi mesi. Gli venne comandato di uscire con altri cinque compagni per cercare una via di accesso al Rombon, una missione esplorativa richiesta dal Comando Militare. Dovevano scendere dal Romboncino lungo una parete impervia per approdare alla Valle Mozenca e da lì conoscere appostamenti e difese nemiche.

Reticolati ancora ben arrotolati e munizioni rimasti sul Rombon, fotografia di Massimo Peloia


Non si saprà mai cosa successe in quella notte d’estate, nel silenzio della cordata. Fermo Antonio precipitò in uno degli Abissi del Rombon, e là rimase. Lo cercarono invano per giorni, ma non fu mai più ritrovato.

Rombon, dove precipitò il giovane alpino Fermo Antonio Carrara nella Grande Guerra (foto di Massimo Peloia)

Massimo Peloia, dopo cento anni, è salito fin sul baratro di quell’Abisso che divenne sepolcro del giovane soldatino. Una volta raggiunta la cima ha depositato un dono, accanto al cippo che ricorda i tanti ragazzi immolati per la libertà.

È la poesia dedicata a Fermo Antonio, “Come una fiamma accesa”, scritta dalla pronipote del giovane alpino, Aurora Cantini. I versi letti ad alta voce sono stati trasportati dall’eco lungo il vento del ricordo, della memoria, dello struggente doloroso silenzio. “La poesia è stata lasciata nella cassetta di metallo in cima al Rombon, che contiene il libro di vetta dove gli escursionisti lasciano la loro firma, così da ricordare il giovane Carrara e tutti gli altri soldati Caduti”. (parole di Massimo Peloia)

Massimo Peloia con la poesia dedicata al giovane alpino bergamasco Fermo Antonio Carrara (Fonte: L’Alpino, numero di novembre)
“Come una fiamma accesa”, la poesia dedicata al giovane alpino bergamasco posata sulla vetta del Rombon. Foto di Massimo Peloia

Massimo Peloia ha così commentato la lettura della poesia: “I nostri Caduti furono anche Eroi, ma la maggior parte di loro erano vittime inconsapevoli del loro destino. Erano uomini di provenienza diversa, ma furono uniti dalla stessa sorte: morire nel fiore degli anni per una causa che faticavano a comprendere”.

Lungo il percorso di salita, il gruppo guidato da Massimo Peloia è transitato accanto ai resti di piccoli cimiteri in quota, con ancora croci e lapidi oramai divelte. Dopo la riesumazionenegli Anni Trenta, i corpi dei soldati Caduti sul Cukla-Rombon vennero radunati nei Sacrari che si stavano costruendo. Più avanti cappellette e resti di trincee, poi ecco i muri sbrecciati di quella che era l’Infermeria del Rombon, un edificio che stava addossato alla parete. Salendo in alto, appaiono i resti di un altro cimiterino di guerra, croci e scritte nei blocchi di roccia. La maestosa parete del Rombon sovrasta come a voler schiacciare i pensieri. Dalla cima lo sguardo vaga oltre la fitta vegetazione, oltre queste montagne selvagge, e si ritrova la linea austriaca, così vicina, così lontana.

Brano dell’articolo dedicato al fronte del Cukla Rombon sulla rivista L’Alpino del numero di novembre

Il pensiero va agli ultimi istanti di tanti giovani che non ebbero mai vita al sogno, poco più che adolescenti, per sempre giovani, per sempre Eroi.

I resti del cimitero sul Cukla Rombon (fotografia di Massimo Peloia)
Croce dove fu sepolto un Caduto sul Rombon, fotografia di Massimo Peloia
Una delle croci dei Caduti sul Rombon, fotografia di Massimo Peloia
Cippo dove furono sepolti alcuni Caduti sul Rombon, fotografia di Massimo Peloia
Una della croci dei Caduti Austriaci sul Rombon, fotografia di Massimo Peloia
Il monumento ai Caduti austriaci sul Rombon, fotografia di Massimo Peloia