“Ol Madunù”, la possente Madonna Addolorata di Dossena, un rito antico di secoli

“Ol Madunù”, la possente Madonna Addolorata di Dossena, un rito antico di secoli

Ol Madunù di Dossena

Sulle montagne bergamasche resistono ancora alcuni riti cattolici antichi, tra cui l’ancestrale culto a Dossena con la statua della Madonna Addolorata portata in Processione lungo le via del paese. Si tratta di una maestosa statua lignea intagliata in un unico blocco di noce, del peso di circa cinque quintali, raffigurante la Vergine Addolorata con in braccio Gesù deposto dalla Croce.

La Madonna Addolorata di Dossena

Fu fatta eseguire  dalla Comunità di Dossena nel 1858 ad un artigiano intagliatore con bottega in Bergamo Alta, che si ritiene fosse un certo Carrara Luigi di Bernardo nato a Oltre il Colle il 12 Maggio 1834. È talmente imponente che la Madonna da sempre viene definita “Ol Madunù” (il Madonnone) a simboleggiare la sua potenza. La Chiesa Plebana di Dossena ha un’origine millenaria. Posta su uno zoccolo a strapiombo sulla valle, aveva la giurisdizione su tutta la Valle Brembana, era la chiesa capofila. Per questo la festa dedicata alla Madonna Addolorata doveva essere da esempio, speranza, faro e luce per tutti i valligiani. Serviva una statua a grandezza naturale, svettante sul popolo, massiccia ma nello stesso materna, carica di Phatos e di Pietas.

Il Madunù è una festa importante non solo per la comunità di Dossena, ma anche per tutta la Valle Brembana fino al capoluogo Bergamo. In questa occasione, molte persone emigrate all’estero o che abitano in altri paesi, ritornano con entusiasmo al paese, perché, ancora oggi, riconoscono il valore delle tradizioni religiose attraverso la devozione e il ringraziamento alla Madonna Addolorata.


L’origine di questa festa non è conosciuta. C’è chi attribuisce la sua nascita intorno al 1600 quando la gente di queste montagne invocava la Vergine Maria di preservarli dalle carestie e dalle pestilenze che infestavano i paesi e le valli in quell’epoca. Perciò da sempre, questa statua, rappresenta il simbolo divino che interviene per allontanare pericoli, alleviare le malattie, evitare le disgrazie, che esaudisce le preghiere di coloro che soffrono e che chiedono aiuto e quindi venerata ardentemente da tutti.  Quando inspiegabilmente avviene un miracolo, una guarigione o una grazia ricevuta, la persona coinvolta in ringraziamento gli offre l’oggetto d’oro che più le è caro.

La statua, conservata durante l’anno in una nicchia della chiesa parrocchiale, a questo punto, viene scoperta dal velo che la ricopre. L’oggetto d’oro che le è offerto (una collana, un bracciale, o un anello) viene deposto e appeso sulla statua insieme  agli altri, e lasciato per sempre in ornamento. In quest’occasione le persone devote possono recarsi in chiesa, per un giorno pregare di fronte alla madonna, e ringraziarla per il suo aiuto.

La Processione avviene il Venerdì prima della Domenica delle Palme e segue rituali e cerimoniali rigidi e immutati da secoli. Durante la processione la statua del Madunù viene trasportata insieme allo splendore degli ori che la rivestono. I Portatori sono vestiti d’azzurro, a simboleggiare il Cielo, sono scelti in base a una devozione che si tramanda da padre in figlio, e devono prepararsi da mesi per essere all’altezza del compito. Si calibrano peso, altezza, musculatura, affinchè nemmeno il minimo ondeggiare possa rovinare la sacralità e la suggestione del momento e l’avanzare della statua. Tre rappresentnti della Congregazione dei Disciplini, con le loro vesti color rubino e i mantelli di ermellino, apre il lunghissimo corteo. Seguiti dai chierichetti e dalle autorità. Il picchetto d’onore è dato dai Gendarmi in alta uniforme.

Un altro fatto che testimonia la fede profonda per questa festa è la preparazione dei fuochi. Un tempo i fuochi non erano altro che falò, composti dai rovi e dalla sterpaglia secca raccolta durante l’inverno, che aveva invaso i prati e i boschi.  Ogni contrada del paese coinvolgendo tutti i giovani, le donne e i vecchi già alcuni mesi prima della festa, faceva a gara a chi raccoglieva più ramaglia e preparava il falò più grande. Ogni contrada preparava il suo che era acceso la sera prima della festa del Madunù. Come in un palio, vinceva quella contrada che produceva le fiamme più alte e riusciva a mantenere il falò acceso più a lungo durante la notte. Era la notte in onore del Madunù. Lo spettacolo offerto era veramente suggestivo. La ricompensa era l’onore e l’orgoglio di una vittoria “Sacra” che si conservava per un anno. Al posto dei falò oggi si proiettano fuochi d’artificio pirotecnici. E lei, la “Mater Dolorosa” accoglie e lenisce i dolori dell’uomo con il suo sguardo materno e profondo. Testimonianza ne sono le tantissime cappellette dedicate alla Vergine Addolorata sparse anche in luoghi  sperduti e impervi della montagna.

Io stessa ne sono rimasta soggiogata. Avvinta. Perdutamente innamorata.

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