Dopo Cento Anni si conosce come morì il giovane alpino bergamasco disperso sul Cukla

Dopo Cento Anni si conosce come morì il giovane

alpino bergamasco Fermo Antonio Carrara,

dichiarato Disperso sul Monte Cukla il 2 agosto 1916, a 20 anni

Carrara Fermo Antonio in una foto prima della chiamata al fronte, medalgione conservato fino alla morte dalla sorella maggioe Lugarda
Carrara Fermo Antonio in una foto prima della chiamata al fronte, medaglione conservato fino alla morte dalla sorella maggioe Lugarda

(Aurora Cantini: Fonte signor Massimo Peloia, Socio Alpini Saronno, Sezione Varese – documenti consultati presso l’Archivio Storico Stato Maggiore Esercito Roma)

La famiglia Carrara di Amora Bassa di Aviatico ebbe 5 figli mandati in guerra (4 alpini e 1 fante) dei 6 maschi di casa (erano in tutto 12 fratelli).

Tre di essi, Fermo Antonio, Enrico Vittorio Emanuele e Giovanni Agostino caddero al fronte uno per ogni anno di guerra. I loro corpi non tornarono più a casa. Il primogenito, il Sergente Elia Celestino, dopo 41 mesi sull’Adamello, si spense piano piano per le ferite e le conseguenze della guerra che avevano minato il corpo e lo spirito, sempre accudito dalla mamma Maddalena. La giovane moglie venne internata in manicomio a Vercelli per il dolore. Il papà morì di crepacuore nell’ottobre del 1919, quando era ancora lontano il quinto dei fratelli, il più piccolo, Bernardino. Era uno dei Ragazzi del ’99, mandato al fronte nel giugno del ’17 quando gli erano già morti due fratelli. Fu messo in congedo solo il 7 aprile 1920, l’unico a morire di vecchiaia a 87 anni.

Una famiglia di montagna che, oltre a non avere la consolazione di una tomba su cui piangere quei giovani ragazzi, dovette sopportare lo strazio del non sapere a  quale destino era andato incontro uno dei 3 Caduti al fronte: Fermo Antonio, perché di lui era rimasta solo l’attestazione “Disperso”.

articolo su Fermo Antonio Carrara disperso
L’articolo apparso su L’Eco di Bergamo il 1 agosto 2016 che racconta le nuove notizie su Fermo Antonio Carrara disperso sul Cukla il 2 aogsto 1916

Le notizie sul percorso militare dei fratelli Carrara, che la pronipote Aurora Cantini riuscì a trovare allo scopo di fare luce e dare luogo di sepoltura ai Caduti (raccolte poi nel memoriale “Come una fiamma accesa” uscito nel 2015), erano scarse e sintetiche.

Dall’Archivio di Stato di Bergamo il Ruolo Matricolare descriveva in modo scarno la breve vita militare del giovane alpino: “Soldato di leva di prima categoria, classe 1896, nato il 17 gennaio, tale  nel 5° Reggimento alpini Battaglione ValCamonica. Giunto in territorio dichiarato in stato di guerra il 20 dicembre 1915. Dichiarato disperso nel fatto d’armi del Monte Cukla (oggi Slovenia) quota 2105 il 2 agosto 1916. Rilasciata dichiarazione di Irreperibilità

Dal Commissariato Generale per le Onorificenze Caduti in Guerra e dalla direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva III Reparto, VIII divisione, V Sezione Albo d’Oro il Verbale di Irreperibilità non aggiungeva molto di più: “Il Comandante del Deposito 5° Reggimento Alpini attesta che Carrara Fermo di Angelo e Carrara Maddalena, nato il 17-1-1896 ad Aviatico 252^ Compagnia Battaglione ValCamonica prese parte il 2 agosto 1916 al fatto d’armi di quota 2105 (Monte Cukla). Che dopo tale fatto egli scomparve e non venne riconosciuto tra i militari dei quali fu legalmente accertata la morte o che risultarono essere prigionieri. Che perciò è irreperibile e deve presumersi morto il 2 agosto 1916. Milano, 4 ottobre 1916”

Il fratello Bernadino Carrara, il più giovane dei 5 fratelli chiamati alla guerra, raccontava che Fermo si calò con una corda lungo lo sperone roccioso per eseguire una missione “spia” di esplorazione verso gli avamposti nemici. Ad un certo punto la corda smise di essere tesa. All’altro capo non vi era più nessuno. Quando i commilitoni ritirarono la corda scoprirono che Fermo era scomparso.

Poi, come spesso succede, la vita porta sempre nuove sorprese. L’alpino Massimo Peloia, socio del Gruppo ANA Saronno, Sezione di Varese, si reca a fine giugno 2016 a Roma, Archivio dello Stato Maggiore dell’Esercito. Ha prenotato da mesi quella visita, perché c’è una richiesta altissima di consultare i diari dei Battaglioni ed è trepidante. Il suo scopo è raccogliere notizie sui fatti del Cukla – Rombon per realizzare un libro.

Nei mesi precedenti aveva navigato e attinto dal web il più possibile sul territorio ed era incappato nel giovane alpino Fermo Antonio (a cui è stata dedicata la poesia che dà titolo al memoriale) e nei suoi fratelli. Rimase estremamente colpito dalla loro tragica storia e dalla loro famiglia spezzata dalla guerra.

Nella quiete degli ampi saloni ricolmi di documenti preziosi e antichi, scritti a pennino in bella calligrafia, il signor Peloia comincia a sfogliare con pazienza più di 2000 pagine dei Diari Storici dei Battaglione Alpini oltre ai carteggi dei Comandi della zona di guerra del Cukla-Rombon.

Poi eccolo là, un nome balza agli occhi. “Fermo Antonio Carrara”. Il diario storico del Battaglione alpini Ceva riporta giorno per giorno i fatti dell’agosto del 1916. In particolare sono registrati i giorni immediatamente successivi al 2 agosto, quando disperatamente i compagni cercarono invano il giovane alpino scomparso. Rientrato a Saronno nei primi giorni di luglio Peloia rintraccia Aurora Cantini e le invia una lettera mail:

“Buongiorno signora Cantini,

sono Massimo Peloia, del Gruppo Alpini di Saronno, sezione di Varese. Ho letto con interesse della sua bella iniziativa di ricordare, già qualche tempo fa, i quattro fratelli Carrara; i miei complimenti per il suo impegno per mantenere viva la memoria dei nostri soldati e dei fratelli Carrara in particolare. Se può interessare posso aggiungere un contributo su Fermo, relativamente alla sua tragica fine. Viene dato per Disperso in quanto non fu mai identificata la salma. Tuttavia sono chiare le cause della sua morte che avvenne durante una pattuglia notturna quando precipitò non dal Cukla ma dal Romboncino che si trova più su, a quota superiore, a poca distanza dalle truppe allora nemiche. Questi dati sono scritti in documenti recentemente ritrovati che ho avuto modo di consultare.

Innanzitutto la quota 2105 segnata sul Ruolo Matricolare di Fermo è identificata erroneamente Monte Cukla (questo per circoscrivere in modo generale la zona di guerra) mentre in realtà l’unico monte di questa quota è il Romboncino; inoltre la cima del Cukla (oltre ad essere più bassa) è un’altura dove è difficile precipitare e perdere la vita.

Il Battaglione Val Camonica era giunto sull’Adamello nel dicembre del 1915 e presumibilmente il ragazzo avrà incontrato il fratello maggiore Elia Celestino inquadrato anch’esso nel Battaglione Val Camonica. Ma poi nel mese di marzo 1916 venne spostato a est, al Cukla, a presidiare i trinceramenti di confine. Era una zona impervia, con strapiombi quasi verticali dove già il 3 marzo del 1916 l’alpino ligure Casassa Andrea, era precipitato in un dirupo e mai più ritrovato. Il Cukla Rombon aveva una fama sinistra dovuta, come riportato su un ordine del Generale Cadorna: “all’asprezza della regione, ch’è forse la più ingrata del nostro schieramento sulla frontiera alpina”. Si preparava l’offensiva di settembre. L’ordine era cercare un passaggio lungo la parete Nord del Romboncino per cogliere di sorpresa gli Austriaci da tergo e conquistare la vetta del Rombon. Una prima pattuglia uscita alla ricerca di una via era rientrata stremata, dopo inutili tentativi. Un passaggio per risalire non esisteva.

Romboncino foto 20 settembre 1916, reperto personale di Massimo Peloia Capogruppo Ana Saronno
Romboncino foto 20 settembre 1916, reperto personale di Massimo Peloia Capogruppo Ana Saronno, per gentile concessione

Ma il comando fu irremovibile: l’ordine fu di cercare tra i soldati quelli abilissimi a scalare, “alpini scalatori provetti” dissero.

Certamente Fermo Carrara era un tipo in gamba, scelto dal suo ufficiale o magari datosi volontario, per una difficile pattuglia, sicuramente pratico di montagna. Capitava che i soldati alcune volte si proponessero in cambio di una licenza, un premio in denaro o solo per acquisire meriti per sperare in una promozione. 

Fermo Antonio era stato arruolato soldato di leva di prima categoria. In virtù della giovane età avrebbe dovuto restare nelle retrovie, ma probabilmente le perdite umane stavano aumentando follemente e in prima linea vennero mandati anche i più giovani, tra cui Fermo, che aveva solo 20 anni. Chissà quanta nostalgia di casa, quanto tremore al cuore, nel ritrovarsi là, sconosciuto tra sconosciuti, tra montagne inaccessibili e ostili.

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In quel periodo, metà giugno 1916, la sua compagnia, la 252ª del ValCamonica, aveva dato il cambio a un reparto di bersaglieri nel settore sinistro del Cukla, nelle posizioni sui monti Palica e Romboncino. Le altre due compagnie del ValCamonica erano più sotto, nelle posizioni dette dell’Addolorata dove oggi ci sono i resti del cimitero di guerra.

Dopo i combattimenti tra febbraio e maggio 1916, sul Cukla non si erano più registrati fatti significativi. Tuttavia i nostri Comandi intendevano lanciare una grande offensiva per conquistare la cima del Rombon e fare arretrare il nemico. A questo scopo si pensava di aggirare la parete del Rombon, quasi inaccessibile e quindi difficilmente attaccabile, cercando un passaggio a nord per prendere alle spalle il presidio di vetta. Per questo motivo si ordinò di fare uscire pattuglie notturne in direzione della Val Mozenca, dietro al Rombon per cercare questa via d’attacco senza farsi scoprire. Dovevano avanzare in fila indiana, appesantiti da zaino e armi, con l’aiuto solo della luce lunare e nel massimo silenzio, cercando di trovare un improbabile passaggio…. un’impresa pericolosa e quasi disperata.

La notte tra il 1 e il 2 agosto 1916 erano in 8: 2 ufficiali e 6 soldati semplici, percorsero un tratto della difficile parete fino momento in cui si verificò la disgrazia.

La  pagina Diario Storico Battaglione Alpini Ceva, conservato a Roma, riporta:

“2 agosto 1916: …nella notte un’ardita pattuglia, composta di 2 ufficiali e 6 alpini della 252ª compagnia alpina, tenta di scendere dal Romboncino per raggiungere Val Mozenca e colà conoscere appostamenti e difese nemiche. Il tentativo fallì; rientrarono tutti meno un soldato che precipitò sfracellandosi.” 

Carrara Fermo con la divisa da alpino
Carrara Fermo Antonio con la divisa da alpino, ottobre 1915. Morì il 2 agosto 1916 precipitando dal romboncino in una spdizione notturna.

Più avanti si trova anche un rapporto manoscritto di una pattuglia, in ricognizione sul versante settentrionale del Rombon, datato 6 agosto 1916:

“Al Comando Settore Saga

Oggetto: ricognizione sul versante settentrionale del Rombon

La sera del 4 corrente una pattuglia composta di due subalterni ed alcuni militari di truppa della 252ª compagnia è partita allo scopo di rintracciare il cadavere del soldato Carrara Fermo della stessa compagnia precipitato dalle rocce del Romboncino la notte dal 1 al 2 e di studiare la possibilità di giungere sul rovescio della cima Rombon, passando da Val Mozenca.

Detta pattuglia, rientrata ieri sera, ha riferito di non essere riuscita a scorgere il cadavere del Carrara e di non aver potuto proseguire a causa di insormontabili difficoltà stradali. Ieri stesso lo scrivente si è recato…”

Romboncino per Fermo Antonio Carrara
Carta Geografica del Romboncino, quota 2105, per Fermo Antonio Carrara, per gentile concessione dell’alpino Massimo Peloia, Gruppo ANA di Saronno

Certamente Fermo precipitò dai precipizi che cadono nella Val Mozenca e il suo corpo non fu mai più ritrovato. Venne quindi dichiarato ufficialmente “Disperso”. I suoi poveri resti sono ancora tra le pietre del Rombon.”

Finalmente, dopo cento anni, a ridosso dell’anniversario della sua tragica fine il 2 agosto di cento anni fa, il giovane alpino bergamasco Fermo Antonio ritrova il suo nome pronunciato con la voce del ricordo, quasi un ritorno a casa.

Nel 2017 Massimo Peloia è salito al Cukla – Rombon per rendere omaggio al giovane alpino Fermo Antonio Carrara e ha portato con sé una copia della poesia a lui dedicata, lasciandola in una alcova poco sotto la cima.

(Aurora Cantini: Fonte signor Massimo Peloia, socio Alpini Saronno, Sezione Varese – documenti consultati presso l’Archivio Storico Stato Maggiore Esercito Roma)

L’articolo dedicato al giovane alpino precipitato sul rombon il 2 agosto 1916 sul giornale di Varese

DA MASSIMO PELOIA

“Grazie per l’articolo su Fermo, sono felice che sia stato ricordato cento anni dopo.
Spero proprio di riuscire a salire sul Romboncino a settembre e porterò anche la sua poesia. Ho pensato di lasciarla nella cassetta di metallo in cima al Rombon che contiene il libro di vetta dove gli escursionisti lasciano la loro firma, così da ricordare il giovane Carrara e tutti gli altri soldati Caduti. Ci tengo molto, speriamo di riuscire.

Ho trovato anche un altro documento toccante. È il verbale del ritrovamento di un quello che restava del corpo di un altro alpino, anch’egli finito in una spaccatura del Rombon e trovato solo cinque anni dopo la sua morte, riconosciuto dai dati contenuti nel piastrino. Oggi si trova all’Ossario di Caporetto, la sua famiglia era di una valle del Cuneese e dopo la guerra emigrò in Francia e non si è più saputo nulla. Purtroppo per Fermo non è stato possibile il recupero, ma il suo ricordo è ancora ben vivo grazie a Lei, è bello sapere che non è stato dimenticato. Massimo Peloia”

IL ROMBON E IL BATTAGLIONE VALCAMONICA

Dal libro “Tra le pieghe di una vita, il tenente Ingravalle e i dimenticati uomini del ValCamonica” di Sergio Boem

“Il Rombon era una roccia tagliata a picco verso gli Italiani. Dall’alto era sufficiente gettare anche solo delle pietre per respingere un attacco. Nell’agosto del 1915 un reparto italiano aveva scalato i pendii in silenzio e a scarpe fasciate, piantando le baionette nelle fessure della roccia per aiutarsi nella scalata. Avevano poi sloggiato gli Austriaci da 2 trincee poco sotto la sommità ma furono in seguito arginati da un robusto contrattacco degli Imperiali. Non giunsero rifornimenti né aiuti.

Il 16 settembre del 1916 gli Alpini stringono il cinturone in vita e lasciano a terra tutto quello che non è necessario. Hanno affidato alle sentinelle l’ultima lettera destinata a casa, mettono il fucile a tracolla ed escono nell’assoluto silenzio. Cinque battaglioni e migliaia di Alpini raggiungono strisciando tra i sassi le posizioni di partenza. E’ prima dell’alba. La luna rischiara i pendii del Rombon. Gli Austriaci tacciono, aspettano in un silenzio che fu definito “orribile”. Gli alpini superano i duecento metri che li separano dal filo spinato e a quel punto i nemici aprono un fuoco infernale. Gli Alpini dilagano sulle pietraie e raggiungono i grovigli di filo spinato, ma per morirvi. Non si trovano varchi nei reticolati, a nulla valgono le pinze.

Il ValCamonica riesce in parte ad oltrepassare alcuni reticolati ma il violento fuoco nemico lo inchioda sulle rocce. Centinaia ancora i metri da percorrere su un terreno scosceso, totalmente allo scoperto.  Sono fatte uscire in successione tutte e tre le squadre previste, in ubbidienza agli ordini dei lontani Comandi. Inchiodate dalle mitragliatrici, tormentate dai cecchini, le poche Compagnie superstiti devono attendere la notte per poter rientrare, a scaglioni, trascinando con sé i propri feriti. Il bilancio di quel giorno è drammatico: 63 ufficiali e 1560 alpini feriti, dispersi o caduti.”

 TUTTI I DIRITTI RISERVATI

RINGRAZIAMENTI

Lo scopo di questo mio lavoro personale di ricerca sulla storia dei 5 fratelli Carrara Combattenti e Caduti nella Grande Guerra è dare conoscenza e memoria, pertanto chiunque può attingere ad esso, VI CHIEDO PERO’ DI CITARE QUESTA FONTE. Infatti questo lavoro di ricerca ha richiesto da parte mia molto lavoro, molte informazioni cercate, molte ore di impegno, MOLTA FATICA. Grazie!

Un doveroso grazie al signor Massimo Peloia per le notizie ritrovate.