San Rocco ad Aviatico e la peste dei Lanzichenecchi

 San Rocco ad Aviatico e la peste dei Lanzichenecchi

La chiesetta di San Rocco in Aviatico, costruita per commemorare i morti e lo scampato pericolo della peste portata dai Lanzichenecchi
La chiesetta di San Rocco in Aviatico, costruita per commemorare i morti e lo scampato pericolo della peste portata dai Lanzichenecchi

La calata dei Lanzichenecchi nel 1630 e la terribile peste che portarono con sè colpirono quasi tutto il Nord Italia.  Solo nel territorio bergamasco si ebbero 56mila morti nell’arco di cinque mesi, 9500 in città e più di 47000 in provincia, su circa 150 mila abitanti. C’è una piccola lapide, posta nel 1631, sotto l’arco della Porta San Lorenzo, poi Porta Garibaldi, dedicata al capitano rettore veneziano Giovanni Antonio Zeno. Egli, mentre la peste infuriava, prese in mano le redini della città fino alla fine del morbo.  Dell’ultima grande pestilenza di Bergamo narrò l’allora Cancelliere dell’Officio di Sanità, Lorenzo Ghirardelli, in una serie di otto libri, “Memorando Contagio“, stampati vent’anni dopo la sua morte, nel 1681 (e di cui lo stesso Alesandro Manzoni attinse per raccontare il morbo nel suo famosissimo romanzo de “I Promessi Sposi”). Il capitano veneziano chiuse le scuole, i mercati, le accademie, il Palazzo della Ragione, il Monte di Pietà, i tribunali, le botteghe non essenziali… Chiese a Venezia medici e chirurghi, giunti perfino dalla Germania, ma anche barbieri e seppellitori e infine più di una dozzina di fornai perchè a Bergamo erano morti tutti. Chiese a Venezia l’invio di sale e spezie per purificare e risanare. Senza le  misure restrittive del capitano Zeno il bilancio dei morti, seppur altissimo, avrebbe potuto essere ancora peggiore.  Non si poteva viaggiare o spostarsi da una città all’altra liberamente, era necessario essere provvisti di un documento che permetteva di essere accolti nella città di arrivo. Nel foglio, oltre all’identificazione della città di provenienza tramite una specie di timbro, era stampigliata una dicitura “Si parte da questa città libera per Deo Gratia di ogni sospetto di peste per andare a… “, con l’identificazione scritta a mano della città dove il viaggiatore era diretto. Nello stesso documento era segnato il nome del possessore, l’età, la descrizione fisica e degli oggetti personali, il luogo in cui era stato predisposto il documento e la data del rilascio. Ad ogni posto di blocco questo documento veniva scrupolosamente controllato e timbrato.

Di una certa rinomanza ebbe la fatalità che sconvolse il paese di Torre Boldone, in Valle Seriana. La peste falcidiò più della metà dei 455 abitanti, compreso il parroco. Per questo venne eretta una cappelletta, detta “Chiesa dei Mortini“. Infatti numerosissime furono le chiese dedicate a San Rocco (invocato a protezione del morbo) dove sovente, nei sotterranei o nelle cripte, venivano sepolti i morti. Chiese e chiesette dette “dei mortini”. Oggi la maggior parte di queste chiesette è stata demolita per far posto a chiese più grandi o accorpata ad edifici sorti successivamente. Eppure in alcune eccezionali circostanze alcune di queste piccole costruzioni, dedicate alla memoria  di un passato lontano ma comune, si sono conservate.

È il caso della chiesetta di San Rocco ad Aviatico, giunta fino a oggi pressoché intatta grazie alla sua collocazione strategica e solitaria, su uno sperone di roccia a monte del piccolo abitato di montagna. Ma in realtà non è la classica “chiesa dei mortini”. È un minuscolo santuario, perché il suo scopo non era contenere i corpi degli appestati, bensì un ringraziamento dello scampato pericolo.

L’antica Via Mercatorum (Via dei Mercati) era una serie di mulattiere che già nel Tardo Impero Romano collegava Bergamo alla Valle Brembana attraverso i punti di accesso posti nella Media Valle Seriana. È stata oggetto di numerosi studi e approfondimenti che ne esaltano il valore storico, commerciale e culturale per la nostra terra. Aveva un passaggio essenziale ad Aviatico, uno dei due paesi che compongono l’Altopiano di Selvino, spartiacque tra la Valle Seriana e la Valle Brembana.

Aviatico 1960 con la Via Mercatorum ben delineata nella sua linea dritta
Aviatico in una cartolina d’epoca, con la Via Mercatorum ben delineata nella sua linea dritta, a sinistra la chiesetta/santuario di San Rocco.
FOTO 2 oggi Aviatico
Aviatico 2015, con la chiesetta/santuario di San Rocco sullo sperone roccioso

Questa antica Via è ancora oggi ben tenuta, anche se poco sotto il suo tracciato è stata costruita dopo il 1950 la moderna strada asfaltata. Partiva dalla località “Cantül”, si accostava al Consorzio Agrario, attraversava l’abitato, passava davanti al portone della chiesa parrocchiale incuneandosi tra le varie case del borgo alto e superava il doppio lavatoio. Dal 1632 aveva una tappa di “riflessione e ristoro” in una chiesetta/santuario posta poco sopra un ripido costone, in cima ad una scalinata. Era un luogo di preghiera e di raccoglimento, l’ultimo baluardo abitato prima di proseguire tra i cupi e solitari boschi. La successiva stazione di posta sarebbe stata Trafficanti, ma bisognava costeggiare la sponda del Monte Suchello, con le sue impervie e scoscese difficoltà.

FOTO 3 San Rocco 1950, di Piero Seguini
Chiesetta di San Rocco in una cartolina d’epoca, con la Via Mercatorum che si incunea tra due case torri (riconvertite poi in stalle) poste a dogana.

Posto come una pietra preziosa incastonata nel verde del pendio a mezza costa, questo piccolo luogo sacro a forma di croce greca è dedicato a San Rocco e si offre silenzioso e docile al cuore, addolcendo i passi e consolando i pensieri.

FOTO 5 Scalinata che conduce alla chiesetta di San Rocco Aviatico
Scalinata che conduce alla chiesetta/santuario di San Rocco
FOTO 6 Il tracciato della Via Mercatorum oggi nel tratto verso la chiesetta di San Rocco, in basso la moderna strada provinciale
Il tracciato della Via Mercatorum oggi nel tratto verso la chiesetta di San Rocco, in basso la moderna strada provinciale
FOTO 7 lavatoio Aviatico oggi
L’antico lavatoio oggi con le due bocche: a sinistra per abbeverare gli animali e a destra per gli uomini, con il piano per lavare il bucato.
Il lavatoio vicino alla chiesa di San Rocco, Aviatico
Il lavatoio vicino alla chiesa di San Rocco, Aviatico, in una cartolina d’epoca.
FOTO 8 La Via Mercatorum si insinua ancora oggi tra le antiche abitazioni
La Via Mercatorum si insinua ancora oggi tra le antiche abitazioni del borgo vecchio di Aviatico.
S 148 aviatico con la Via Mercatorum prima della ch di San rocco
Aviatico con la Via Mercatorum che conduceva alla chiesetta/santuario di San Rocco; in primo piano a sinistra le due case torri che fungevano da dogana poi riconvertite in stalle.

Per il villeggiante il minuscolo santuario evoca sogni di fiabe perdute e orizzonti lontani. Per il montanaro ricorda la forza della Fede e la Speranza nella Provvidenza che da sempre circonda le forti genti di montagna. Al suo interno leggiadre figure di angeli avvolgono lo sguardo verso il cielo, accanto a quadri di armoniosa bellezza. Tra essi un dipinto dell’artista Antonio Cifrondi, di Clusone. In una nicchia nel suo manto azzurro veglia dolcissima la Madonna Vestita del Rosario, usata fino al 1947.

FOTO 9 Interno chiesetta di San Rocco
Interno chiesetta di San Rocco
FOTO 10 Madonna Assunta, interno chiesetta di San Rocco
Madonna Assunta, interno chiesetta di San Rocco
FOTO 11 Interno chiesetta di San Rocco
Particolare del soffitto dell’interno chiesetta di San Rocco
FOTO 12 L'originale Madonna del Rosario vestita, usta fino al 1947 poi sostituita da quella nuova
La Madonna Vestita del Rosario, usata fino al 1947, tradizione molto diffusa un tempo nelle chiese.

Dal sagrato, un belvedere arioso permette di ammirare l’intero arco delle montagne e il cuore si avvicina al cielo, mentre una leggiadra scalinata evoca pellegrinaggi e suffragi. Poco lontano, l’arco di accesso al borgo si insinua tra le antiche case in pietra, evocando carovane di uomini e animali, storie di emigranti e commerci, fatiche di vita ma anche e soprattutto dignità e tenace eroismo quotidiano.

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Il panorama del Monte Poieto e del paese di Aviatico catturato dal sagrato della chiesa di San Rocco Aviatico.
Aviatico, a sx la strada dal Bar Dolci, in basso le case vecchie (oggi vicino c'è il campo di calcio)
Aviatico in una cartolina d’epoca con in primop iano la mulattiera -oggi scalinata- che scende dalla chiesa parrocchiale; a sinistra  la strada (ex Via Mercatorum) dal Bar Dolci, in basso il nuovo tracciato provinciale e le case vecchie (oggi vicino c’è il campo di calcio)

I LANZICHENECCHI

Il paesino di Aviatico prese vita fin dalla Preistoria, con la calata dei gruppi nomadi di uomini di Cro-Magnon. Subì l’arrivo dei Celti, dei Romani e dei Barbari e rimase coinvolto nelle sanguinose faide tra Guelfi e Ghibellini. Ebbe anche un tentativo di sottomissione da parte dei reggenti del comune di Selvino.

Ma nel 1630 qualcosa di misterioso e terribile oscurò i tranquilli giorni dei contadini del paese. Improvvisamente vennero strappati al loro quieto vivere quotidiano, sempre precario e di poca sussistenza, ma costruito con saldo e ardimentoso lavoro.

Dal Passo dello Spluga,  Cantoni dei Grigioni (oggi territorio svizzero), dopo aver superato il Passo San Marco e imboccata la “moderna” Via Priula, costruita nel 1592 dalla Repubblica di Venezia, calarono come una coltre nera sul Nord Italia gli squadroni mercenari dei Lanzichenecchi. Erano quasi quarantamila soldati al servizio dell’Imperatore tedesco del Sacro Romano Impero, chiamati per la guerra di successione che infiammava Mantova, contesa tra Spagna e Francia.

Portavano con sé odore di morte, sangue, urla di terrore e furia cieca, insieme ad un terribile e micidiale alleato: il morbo della peste. Ne narra in modo drammaticamente realistico il grande Alessandro Manzoni nel romanzo “I Promessi Sposi“.

La Repubblica di Venezia, temendo il dilagare del morbo nella bergamasca, dove aveva i suoi commerci, provvide subito a chiudere la “Via Priula”. Ma non riuscì a fermare il contagio, che si estese a tutta la Valle Brembana. Proprio questo devastante passaggio fu l’inizio di una lenta decadenza per la gloriosa “Via Priula”, che, anche se venne in seguito riaperta, fu sempre meno curata. Perciò, nella seconda metà del Settecento, rimase in uno stato di progressivo abbandono.

All’avvicinarsi delle potenti e sanguinose orde di guerrieri sbandati, gli abitanti di Aviatico si sentirono perduti. I pochi campi coltivati sul declivio, le magre scorte di cereali, il poco fieno accatastato nel sottotetto, i piccoli orti a terrazza recintati da semplici siepi, le mucche e gli altri animali di cortile, tenuti in maggior cura anche delle persone, tutto il loro mondo, il loro respiro stava per essere distrutto, annullato. Non c’era molto tempo. In fretta e furia gli abitanti lasciarono le case e cominciarono ad inerpicarsi lungo il costone, scomparendo nel fitto bosco sotto la cima del Monte Poieto.

Arrancarono lungo i ghiaioni e le pietraie, una silenziosa processione di figurine avvolte in mantelli, uomini con i bastoni e i forconi, donne con i bambini in braccio, talmente spaventati da non piangere nemmeno, bimbetti che reggevano cesti con qualche pezzo di formaggio, su, su, sempre più in alto. Intanto dal campanile batteva l’eco la “campana a martello” segno di grave pericolo. La gente sapeva dove andare: cercavano la salvezza nell’unico luogo che già nei secoli precedenti (all’alba dell’Anno Mille, quando si profetizzava la fine del mondo) aveva offerto loro un sicuro rifugio, i Canaloni impervi dentro il labirinto del Monte Cornagera.

FOTO 15 Il canalone interno della Cornagera
Il canalone interno della Cornagera
FOTO 14 La Cornagera
La Cornagera
FOTO 16 Aviatico
Aviatico visto dalla Cornagera

Il  morbo però li aveva già raggiunti e cominciarono ad apparire i primi bubboni, facendo cadere ammalati i primi abitanti.

Poi, per un qualche misterioso disegno divino, quando dopo mesi venne a cessare  il timore del malefico contagio, si contarono soltanto 21 morti. Era un miracolo, se si pensa che quasi la metà della popolazione della Valle Brembana venne stroncata dalla peste. Anche il vicino paese di Selvino era stato colpito. Era morta la metà dei 300 abitanti, sepolti nel vecchio cimitero tra la chiesa parrocchiale e quella che oggi è la chiesetta di San Rocco. I preti confessavano a distanza di diversi metri, i soldi erano consegnati in una scodella d’aceto.

Selvino aveva perso anche il proprio parroco, don Salvino Gherardi (Salvinus de’ Girardis) morto il 12 settembre 1630, a soli 34 anni, dopo aver assistito incessantemente gli appestati. Con lui erano morti altri 61 abitanti. Ma da settembre a dicembre moltissimi ancora erano morti senza che nessuno riuscisse a registrarli, non essendoci più il parroco. Perfino il pittore Enea Salmeggia, detto il Talpino, nativo della borgata omonima, sul crinale tra Nembro e Selvino, aveva perso tre figli: Dorotea, Isabella (pittrice) e Francesco. Perse anche un’altra figlia, chiara, che insieme ala sorella fu “una diligente ma misconosciuta collaboratrice alle numerose commissioni nella bottega paterna nel borgo di Sant’Alessandro in Colonna. Eppure di Chiara conosciamo almeno un’opera in assolo, il “San Libero” per la chiesa di Sant’Agata nel Carmine in città Alta, firmato “Clara Salmetia Berg.F.” (FONTE ARTICOLO DE l’eCO DI bERGAMO DELL’8 MARZO 2021)

Per questi motivi la gente di Aviatico poteva considerarsi davvero miracolata. La popolazione ritornò alle proprie case pressoché incolume e a ringraziamento dello scmpato pericolo decise di costruire nelle vicinanze del crinale della Costa un “rustico” santuario, ultimato nel 1632. Inoltre venne costruito vicino al tempio un piccolo cimitero e lì vennero seppelliti i poveri morti separati dagli altri, che come era uso a quel tempo venivano tumulati vicino alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. Il piccolo e armonioso santuario venne dedicato a San Rocco e accanto prese origine il piccolo cimitero,  destinato nei secoli a divenire luogo sacro per l’intera comunità. I ventuno morti di peste, con il loro sacrificio, avevano steso un velo di protezione sul paese di Aviatico.

Ma l’animo umano è labile e passeggero. I ricordi e le paure si allontanarono dalla vita e ben presto la chiesetta perse attenzione.

Con il tempo nuove storie si intrecciarono nel migrar dei giorni e nuove idee cominciarono a prendere vita nelle vallate. Il Risorgimento evocava ideali di libertà che giunsero anche tra le antiche case del paese.

L’alba del 5 giugno 1850 i Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi entravano in Città Alta attraverso la Porta di San Lorenzo recando con sé palpiti di ardori nuovi, e anche ad Aviatico l’esultanza fu pressoché totale. Riprese vigore la Fede, il desiderio di nuovi giorni, la Speranza di un cammino più sereno. Le chiese suonavano a distesa, la comunità vi si stringeva intorno. Si ricordava il passato, si onoravano i propri cari perduti. Mani pietose e sguardi di commozione si raccolsero là, dove i morti tacevano e proteggevano. Ma la chiesina di San Rocco era abbandonata da molto, troppo tempo. Si decise così di darle nuovo vigore, ristrutturando e rifacendo, affrescando con nuovi colori, e impreziosendo l’interno con opere di alta spiritualità.

IL REGISTRO DEI REGGENTI DELL’ORATORIO DI SAN ROCCO

FOTO 17 Cassa dei Morti Registro Cassa San Rocco Aviatico
Cassa dei Morti Oratorio di San Rocco, Aviatico, per gentile concessione

Si creò un Registro Cassa per uso dei Reggenti Delegati per l’Oratorio di San Rocco 1872-1955, con amministrazione delle elemosine. Vi era anche un Registro Doveri dei Reggenti Delegati.

Registro dei Reggenti 1877, San Rocco di Aviatico, per gentile concessione
Fotografia del Registro dei Reggenti 1877, San Rocco di Aviatico, per gentile concessione

Dal Registro Cassa dei Morti datato 1877, si legge che tra i Doveri dei Reggenti  vi erano i seguenti obblighi:

“1° I Reggenti saranno immancabili nel praticare tutte le singole domeniche la Questua alle singole porte dei fedeli in Parrocchia e tutte le altre Questue d’uso come la Questua del formaggio in fin del Carnevale di ogni anno, quella del fieno, e le offerte nella borsa in chiesa.

2° Le entrate offerte d’ogni singola Questua verranno registrate su questo Registro di volta in volta, come pure verranno registrate anche le sortite. 3° Al venire del giorno dei Santi con queste entrate ordineranno al Parroco tante Messe ed Uffici cantati quanti saranno per entrarvi. 4° Alla Fabbriceria pagheranno Lire 10 dai Santi e lire 10 in fin del Carnevale per fuoco Cero.

5° Accenderanno la lampada nel Camposanto tutte le sere.”

L’uso della Questua venne portato avanti per tutto l’Ottocento e più della metà del Novecento. Tra i vari passaggi documentati ve n’è uno, del 1968, in cui si segnano le offerte per “Il Passio Fieno, la Madonna, il Latte.”

Le questue per la Parrocchia, Aviatico 1967, per gentile concessione
Parrocchia di Aviatico la Questua del 1967, per gentile concessione

I vecchi ancora oggi se le ricordano bene tali Questue: il “Passio Fieno”, era l’offerta del fieno della domenica, considerata la Pasqua della settimana. Lavorare in campagna la domenica era vietato per non creare nell’animo umano il desiderio di guadagno e attaccamento al denaro, era considerato peccato trascorrere la giornata nei campi. Ma a volte, a causa di temporali o altre calamità, si era rimasti indietro nella fienagione e bisognava recuperare. Perciò si domandava il consenso alla Chiesa. La quale, in cambio, come offerta, chiedeva una parte del ricavato sul fieno.

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La Questua per la Parroccchia di Aviatico, 1957

Dare “il latte alla chiesa” riguardava la produzione del formaggio. Il latte di quel determinato giorno considerato di festa o di particolare evento, veniva usato per fare come al solito il formaggio, ma la forma veniva messa all’incanto e il ricavato andava alla chiesa. Era un’usanza iniziata dai bergamini degli alpeggi, che non potendo scendere al paese per assistere alla messa, offrivano in questo modo la loro devozione, con un segno tangibile.

Registro dei Reggenti Oratorio di San Rocco, per gentile concessione
Fotografia dei Doveri dei Reggenti Oratorio di San Rocco, per gentile concessione

IL RITORNO ALLA VITA

A metà del Novecento la chiesa era ormai logorata dal tempo e dalle intemperie. Mancava di un vero e proprio pavimento, che “non era mai esistito” e il tetto era costituito da coppi e orditura in legno completamente cariati dal tempo. Anche il sagrato e il viale di accesso, su passaggio della Via Mercatorum,  meritavano un rifacimento più armonico.

Il Parroco si diede subito da fare. Da una lettera di richiesta del 14 aprile 1958, scritta  mano alla Commissione Arte Sacra di Bergamo, egli scrisse: “La chiesina di San Rocco urge di necessaria sistemazione perché quasi crollante. Il parere della maggioranza della popolazione è di sistemarla completamente. Questo parere l’ho avuto per iscritto da ogni capofamiglia e conservato in archivio. Perciò chiedo a codesta spettabile Commissione l’autorizzazione di iniziare detti lavori al più presto possibile, data l’urgente necessità di sistemazione.” Ma dalle righe traspare anche la gravità dei costi che il Parroco non poteva far ricadere sulle umili e povere famiglie contadine, perciò spiegava che “non potrà essere creato il pavimento alla Palladiana perché troppo costoso, ma sostituito da semplici mattonelle in graniglia.”

Si  ipotizzava anche il sagrato ricoperto con quadrati di lastre di pietra di Sarnico o di porfido di Trento. Ma il Parroco ribadì che ”Non si fa assolutamente l’opera di pavimentazione di sagrato e viale. Quindi sagrato e viale rimarranno come attualmente sono.”

Disegno pianta della chiesetta di San Rocco da ristrutturare, per gentile concessione
Disegno pianta della chiesetta di San Rocco da ristrutturare, per gentile concessione

Il tetto si confermava in ardesia nera. Inoltre il Reverendo comunicava che “Non verranno manomesse né pitture né stuccature dell’attuale chiesetta”. Nonostante la riduzione delle opere, il Prevosto si chiedeva come fare a pagare: “Ho avuto firme da tutti i capifamiglia per un libero impegno mensile di versamento per 4 consecutivi, dal quale verrà realizzato, alla fine del quarto anno, circa 2 milioni di lire. Tali impegni firmati si conservano in archivio.

L’approvazione della Curia Vescovile avvenne il 5 maggio 1958 attraverso la “Commissione d’Arte Sacra”. Nella lettera si legge anche che “Il Vescovo desidera che si faccia un bel pavimento alla palladiana (marmo unicolore chiaro levigato a piombo) o almeno in marmittone con ossequio Card. Raimondi, Segretario”. Come dice il sito web specifico “Il pavimento alla palladiana o anche detto a scaglia grossa, ci riporta alle vecchie pavimentazioni stradali dell’antica Roma in opus incertum”, generalmente adoperata per i camminamenti esterni. La palladiana e’ l’antica tecnica di comporre grandi superfici di pavimentazione utilizzando migliaia di piccoli pezzi di marmo o altre pietre naturali ciascuno di forma diversa.”

Tra i vari documenti conservati nell’Archivio Parrocchiale si legge che dal 31 gennaio 1959 fino al 31 dicembre 1960 la Parrocchia di Aviatico, per mezzo del Reverendo Parroco don Luigi Gritti, stipulò con l’impresa edile di Albino Virgilio Gritti un contratto di “Restauro e ampliamento della chiesina di San Rocco” per circa 5 milioni di lire. Inoltre “La parrocchia di Aviatico si impegna  celebrare negli anni 1959 e 1960 n°1 Ufficio Funebre con Messa per i Morti della Famiglia Gritti”.

Documento attestante la ristrutturazione della chiesetta di San Rocco di Aviatico, per gentile concessione
Documento attestante la ristrutturazione della chiesetta di San Rocco di Aviatico, per gentile concessione

È commovente scoprire come un tale desiderio di riportare alla vita la Chiesetta dei Morti di Aviatico sia stato molto oneroso per le famiglie contadine del tempo, che hanno dovuto sostenere un sacrificio notevole, in nome della Fede.

Oggi la chiesetta/santuario di San Rocco ricorda a chi vuole ascoltare la caducità della Vita, ma anche la Speranza della Fede, piccolo vessillo volto verso l’azzurro, una “Luce di Vita dal Buio della Storia”. Un personaggio molto devoto alla chiesetta santuario fu Giacomo Manzù.

Quando il giovane Manzù soggiornava ad Aviatico

RINGRAZIAMENTI

Lo scopo di questo mio lavoro personale di ricerca sulla storia della chiesetta di San Rocco ad Aviatico e la peste dei Lanzichenecchi è dare conoscenza e memoria di una pagina bergamasca oggi dimenticata, ma resa immoratle da Alessandro Manzoni nel suo capolavoro dei “Promessi Sposi”, pertanto chiunque può attingere ad esso, VI CHIEDO PERO’ DI CITARE QUESTA FONTE. Infatti questo lavoro di ricerca ha richiesto da parte mia molto lavoro, molte informazioni cercate, molte ore di impegno, molta fatica.

Ringrazio di cuore Ornella Carrara, già impiegata presso il Comune di Aviatico, per avermi aperto le porte dell’Archivio Parrocchiale e per essersi messa a disposizione per ogni informazione tecnica. Il mio grazie a suo fratello, Giambattista Carrara, per avermi permesso di fotografare l’interno della Chiesetta di San Rocco. Ringrazio infine il Parroco Don Franco Cortinovis per avermi dato il “via libera” alle ricerche. I documenti storici fotografati sono stati inseriti al solo scopo di dare informazione, per gentile concessione della Parrocchia di Aviatico, Bergamo.

2 Risposte a “San Rocco ad Aviatico e la peste dei Lanzichenecchi”

  1. Il 16 agosto è giorno di grande festa per le tante comunità che onorano San Rocco come patrono.
    Quante chiese e chiesine nella bergamasca lo ricordano! Anche il piccolo paese di mio marito, in Val di Scalve, festeggia quel giorno e celebra una Messa nella piccola cappella dedicata al Santo.
    Grazie per queste preziose informazioni.
    Con stima
    Luciana

    1. Un legame profondo con la nostra terra, con la nostra gente, con la nostra memoria. Grazie Luciana, Aurora

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