Sciesopoli: tre storie in una

Sciesopoli: tre storie in una

Recensione di Gianluigi Della Valentina,

dal quindicinale “Giopì” numero 31 maggio 2022

“Con eccessive ampollosità ed esagerazioni, Mussolini la definì “la colonia più bella d’Europa”. Ma per i tempi -i primi anni Trenta- si trattava in effetti di una costruzione ragguardevole, immersa in un vasto parco nel verde silenzioso dell’Altopiano di Selvino e Aviatico. Dopo la Prima Guerra Mondiale erano comparse le prime colonie per bambini e bambine figli di lavoratori. Fu in virtù del paternalismo illuminato di alcune grandi imprese, fra le quali la Dalmine, che per la prima volta essi trascorsero brevi vacanze estive al mare o in montagna, dove i loro genitori non potevano permettersi di portarli. E così sarà ancora a lungo, fino all’incipiente benessere trascinato con sé dal Miracolo Economico.

Sulla medesima lunghezza d’onda si mise il Regime Fascista cercando di rimediare, con qualche iniziativa, alla pochezza delle politiche sociali promosse dai precedenti governi liberarli post-unitari. Sciesopoli, però, non era una semplice colonia ma una caserma in miniatura, specchio dell’ideologia fascista, dove i bambini venivano inquadrati per educarli alla disciplina miitare come Figli della Lupa e Balilla. Le assistenti non potevano tornare a casa alla sera e una volta sposate dovevano dimettersi. Durante la Seconda Guerra Mondiale la struttura, gestita fino ai tardi anni Settanta dalle suore, ospitò fanciulli gracili e orfani di guerra.

Nel 1945 iniziò la seconda storia di Sciesopoli, quella più conosciuta. A settembre la struttura, concessa in affitto alla Comunità Israelitica di Milano, diventò una colonia ebraica per tre anni. In quel lasso di tempo ospitò circa ottocento bambini e bambine, orfani. I molti sopravvissuti ai campi di concentramento portavano il numero della prigionia impresso sul braccio. Parlavano lingue diverse perché provenienti da tanti Paesi diversi. Furono tre anni di serenità, pur nel dolore causato dalla loro condizione di orfani e da quanto avevano visto e vissuto. L’esperienza si chiuse nel 1948, alla nascita dello Stato di Israele, quando furono trasferiti laggiù perché trovassero finalmente una vera casa. Oggi il ricordo di quel periodo induce alcuni a tornare lassù. Spesso si inginocchiano per baciare il pavimento del grande atrio d’ingresso che li accolse un giorno da bambini.

A rievocare, con accenti toccanti e forte partecipazione emotiva, quelle vicende umane è Aurora Cantini, poetessa e autrice di questo come di parecchi altri libri, protagonista della costituzione, nel 2019, del Museo Memoriale Sciesopoli Ebraica. La quale si incarica anche di accompagnare i visitatori alla riscoperta dei luoghi e delle tante vicende umane vissute tra le mura di questi spazi.

NEL CUORE DI SCIESOPOLI, il libro

Aurora Cantini ha anche ricostruito la storia di famiglie ebree italiane che trovarono rifugio ad Aviatico. dove gente del posto le nascose fra il 1943 e il 1945, correndo più di un rischio. È il tema di un altro dei suoi lavori.

UN RIFUGIO VICINO AL CIELO, la storia delle famiglie ebree salvate dagli abitanti di un intero paesino delle Orobie Bergamasche

Dopo il 1948 cominciò la terza e ultima storia di Sciesopoli, conclusasi con la sua chiusura nel 1985. Fu dapprima Pio Istituto di Santa Corona per bambini tubercolitici, gracili e convalescenti, dotato di scuole materna ed elementare interne. Quindi, fino al 1978, Istituto Climatico Permanente. Molti dei bambini e delle bambine che lo frequentarono -figli di un’Italia ancora povera, come rivelò l’Inchiesta sulla miseria promossa dal Parlamento nel 1951- venivano da fuori provincia, soprattutto da Milano. In quest’ultima storia si inserisce la singolare esperienza della “scuola Natura” sperimentata fra il 1979 e il 1985.

Anni in cui l’ambientalismo muoveva i primi passi in Italia. Si trattava di un soggiorno di dodici giorni riservato ad alunni di città che frequentavano le scuole elementari e medie, ideato al fine di offrire loro l’opportunità di entrare in contatto con la natura, per conoscere aspetti della vita vegetale e animale, del paesaggio montano, del mondo contadino che nei contesti urbani non è dato sperimentare”.