Sciesopoli Selvino e la sua potente storia di bambini senza infanzia

Sciesopoli Selvino e la sua potente storia di bambini senza infanzia

Selvino l’8 agosto ha reso omaggio ad uno dei suoi simboli più prestigiosi e carichi di Memoria.

Sciesopoli Selvino fu un’ex colonia fascista poderosa e immensa (5600 metri quadri di padiglioni circondati da un’area verde di circa 25.000 m.q.) che accolse dal ’45 al ’48 più di 800 bambini ebrei orfani sopravvissuti allo sterminio e li riportò alla vita. È stata giustamente definita la Grande Arca, perchè in lei si è attuato il più grande progetto di accoglienza verso i bambini di ogni tempo e di ogni luogo.

Lara Magnati, Aurora Cantini, Enrico Grisanti

Infatti, dopo il 1948 ha continuato il suo progetto di accoglienza verso decine e decine di migliaia di bambini di tutto il Nord Italia malati di tubercolosi, bisognosi di serenità e apprendimento, senza famiglia, trovatelli, in difficoltà, senza infanzia. Un progetto che si è concluso nel 1985.

E oggi vi parlerò di questa pagina di Sciesopoli, poco conosciuta, ma di forte impatto emotivo. Per quasi quarant’anni tra quelle stanze enormi sono trasnitati più di 80.000 bambini con la valigia sgangherata, a volte addirittura vuota, a volte senza nemmeno quella.

Aurora Cantini narra Sciesopoli a Selvino

Testo di Aurora Cantini, tratto dal libro “Nel cuore di Sciesopoli” Editrice Velar, 2021

NEL CUORE DI SCIESOPOLI, il libro

Così scriveva Aharon Megged nel suo memoriale del 1997 “Il viaggio verso la terra promessa”: “Nei primi mesi del 1949 ci furono le ultime partenze dei bambini sopravvissuti all’orrore della Shoah. L’ultima mattina ci fu la parata davanti alla casa. Per l’ultima volta fu ammainata la bandiera blu e bianca e si cantò “Hatikvah”, Paradiso. Gli ultimi quaranta bambini di otto, dieci, dodici e sedici anni… uscirono dai cancelli in due autobus. Il guardiano, Angelo (Mazzoleni) li accompagnò con gli occhi e trattenne le lacrime. Le montagne tutt’intorno, le foreste, non avrebbero più udito l’eco delle canzoni ebraiche, il suono della lingua ebraica”.

Sciesopoli rimase muta, vuota, quasi sperduta tra le enormi chiome degli alberi. Ma non aveva ancora concluso il suo compito. Nel momento in cui la Comunità Israelitica lasciò la colonia, la Fondazione continuò ad occuparsi dei bambini in difficoltà. Il Pio Istituto Santa Corona facente capo all’Ospedale di Pietra Ligure prese in affitto la colonia. La convertì in Ospedale climatico per la cura e prevenzione dei bambini malati di tubercolosi.

Nel 1954 la colonia divenne “Istituto Climatico Permanente” e la Fondazione venne fusa nell’Ente Opera Pia per l’Assistenza Climatica all’Infanzia”. Operò per trent’anni a favore dell’infanzia sia dal punto di vista educativo che di quello assistenziale. Migliaia di bambini bisognosi di quasi tutto il nord Italia, più di 80.000, vennero inviati a Sciesopoli dai propri comuni di residenza o dai consorzi antitubercolari. Arrivavano con al seguito un libretto di color verde. Lì dentro c’era tutta la loro storia. Avevano una valigia colma di problemi, abbandoni, genitori in prigione, disagi economici, situazioni familiari difficili.

I bambini, anche gruppi di 4 o 5 fratellini, spesso di padri diversi, si  fermavano a Selvino per periodi di tre mesi in tre mesi. Ripetibili sull’intero anno scolastico e negli anni scolastici successivi. Tutti avevano in comune un profondo senso di tristezza e apprensione nel varcare, spaventati, quel grande cancello. I 5 pullman che ogni tre mesi salivano a Selvino partivano dalla sede dell’Ente presso Porta Vigentina, e portavano oltre 300 bambini e bambine desiderosi di serenità e armonia. I quali venivano così tolti dalla solitudine, rifocillati e curati nel corpo e nell’anima lacerata, tornando in famiglia solo nella pausa natalizia e nei tre giorni del cambio turno.

All’interno di quel parco chiuso sul verde, vi era tutto quanto poteva servire ai bisogni di una comunità, gestita dalle suore, compresa una Sala per le radiografie, di cui potevano beneficiare anche gli abitanti del paese. I bimbi frequentavano regolarmente le lezioni scolastiche. Infatti a Sciesopoli era attiva la scuola dell’infanzia (l’asilo infantile) e la scuola elementare, curata dalle maestre statali nominate dalla locale Direzione Didattica.

Una delle aule di Sciesopoli

Le testimonianze delle maestre sono struggenti e dolorose insieme. La priorità di ogni arrivo all’inizio del turno era procurare ai ragazzi fogli, quaderni, biro, matite e astucci. Niente fotocopie, né schede. Spesso i ragazzi non avevano nemmeno il libro. O se l’avevano (perché nei mesi precedenti avevano frequentato la scuola nel paese d’origine) ogni libro era diverso. E quasi nessuno degli alunni era allo stesso passo del Programma. Era basilare anche solo riuscire a farli stare seduti nei banchi e a far loro assimilare le regole della vita di gruppo.

Al mattino i bambini seguivano le lezioni ordinarie secondo i programmi nazionali. Al pomeriggio subentravano le maestrine del doposcuola. Erano giovani diplomate fisse a Sciesopoli provenienti da ogni angolo d’Italia, che seguivano i ragazzi dai compiti alle attività varie. Poter incontrare fanciulli così felici di un letto, di un pasto normale, di un’assistenza continua e affettuosa, che aspettavano contenti di eseguire qualsiasi attività proposta, ricompensava delle difficoltà di vivere lontane da casa, del freddo delle lunghe giornate d’inverno, della tristezza di certe storie terribili.” (dal libro “Nel cuore di Sciesopoli” 2021)

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