Viaggio nella terra dei Papi di Avignone

Viaggio nella terra dei Papi di Avignone

Grande emozione e ricordi incancellabili sono rimasti nel cuore di coloro che hanno vissuto il lungo ma suggestivo viaggio in Provenza organizzato dalla Parrocchia di Gazzaniga dal 22 al 25 aprile 2023.

Una compagnia di 53 entusiasti esploratori della vita e della fede, sotto la guida attenta e sollecita di don Luigi.

Partenza in una alba ancora buia all’insegna del tempo stabile, appena velato dalle temperature ancora piuttosto basse. Vecchi e nuovi partecipanti hanno subito intrecciato storie, conoscenze e legami con Gazzaniga e la sua bellissima comunità. Un itinerario che vale quasi come un pellegrinaggio sulle orme di antichi viandanti, carovane di popoli e genti lungo le vie tracciate dai nostri antenati, i Romani.

Un percorso di circa 700 chilometri attraverso la riviera ligure e la costa azzurra, fino ai paesaggi dolci e morbidi della Provenza. Il primo traguardo è lei, Aix En Provence, la capitale storica della Provenza, nel cuore della Francia meridionale. Città natale del pittore Paul Cézanne, si mostra elegante e riservata, con le sue fontane, i suoi palazzi signorili ricchi di decorazioni, i suoi balconi intarsiati e le sue piazze ombrose. Spicca la cattedrale con un ricco portale gotico, l’unica chiesa aperta anche alla religione ortodossa ed ebraica.

È ormai sera quando, dopo aver costeggiato il grande Rodano, tra campagne e alture rigogliose, appaiono le ciclopiche mura di Avignone. Il nostro Ibis Hotel è nei pressi di alcune delle sette monumentali porte di accesso che ancora delimitano l’ingresso alla città vecchia, proprio dall’altra parte della strada. La cena è presso una delle brasserie all’interno delle mura, facilmente raggiungibile a piedi.

Il giorno successivo pronti per visitare Orange, terra dei Principi d’Orange (un ramo della casata reale che ancora oggi governa i Paesi Bassi), distante una trentina di chilometri. Qui le tracce romane dell’antica colonia fondata da Ottaviano Augusto, si percepiscono in ogni respiro, ma su tutte svetta il mirabile Teatro Romano, con la sua spettacolare forma a gradoni semicircolare attorno al portale scenografico, su cui campeggia la colossale statua dell’imperatore.

L’Arco di Trionfo, posto sulla via Agrippa come porta monumentale, sembra schiacciarci con la potenza della sua solidità e avvince con i suoi intarsi scolpiti rappresentanti scene di battaglia e trofei. Entrambi sono inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

C’è spazio anche per la commozione, davanti al Monumento alle Martiri di Orange, eretto nel 2019 sul luogo dove durante la Rivoluzione francese era collocata la ghigliottina, per commemorare le 32 suore cattoliche, proclamate beate del 1925, ghigliottinate durante il Terrore rivoluzionario nel 1794, perché si erano rifiutate di giurare fedeltà alla rivoluzione. I loro corpi, insieme a quelli di altre 300 vittime, vennero gettati in fosse comuni sparse nelle campagne.

Sulla via del ritorno verso Avignone sosta doverosa al Pont du Gard, per ammirare l’eccezionale acquedotto romano a tre piani, Patrimonio Mondiale dell’umanità. Lungo 275 metri e alto 49, è il ponte antico più alto del mondo, una realizzazione rarissima e ingegneristica per l’epoca, ed è raffigurato anche sulla banconota da 5 euro. Lo sguardo si incanta davanti a tanta potenza!

Finalmente Avignone! La città dei papi. Una città racchiusa interamente tra colossali mura ancora pressoché intatte, lunghe più di 4 chilometri, che la cingono come una corona con i loro bastioni, le torri difensive e le fortificazioni interamente costruite dai papi che qui dimorarono, e culminano nell’imponente Ponte di Avignone, l’entrata più suggestiva, con una vista sul Rodano mozzafiato.

Il suo gioiello è la Reggia dei Papi, un immenso e carismatico palazzo-fortezza in stile gotico costruito su uno sperone di roccia nel centro della città. Divenne residenza di 7 papi e 2 antipapi dal 1309 al 1417, dopo che Papa Clemente V, francese di nascita, vi trasferì la corte pontificia alla sua elezione. Il periodo dei papi ad Avignone, tutti francesi, terminò con Gregorio XI, che il 17 gennaio 1377 fece solenne rientro a Roma. Ma Avignone ospitò anche gli antipapi Clemente VII (morto nel 1394 e sepolto ad Avignone) e Benedetto XIII (fuggito da Avignone nel 1403 e deposto ufficialmente nel 1417).

L’esterno affascina per le numerose torri, le guglie e gli infiniti cammini di ronda. Ma è l’interno che fa trattenere il fiato: cortili d’armi, scaloni d’onore, sale e saloni dalle navate altissime, appartamenti e dimore personali del papa, sala del conclave, camera del tesoriere, sala delle grandi udienze, cucine, cantine, chiostri e giardini, la loggia dell’indulgenza… Lo sguardo non riesce a contenere tanta sublime bellezza. Tutto è imponente e regale, realizzato per competere con Roma.

 

Il nostro  gruppo ha il privilegio di assistere ad una messa speciale, celebrata dal nostro don Luigi direttamente all’Altare dei Papi, dove ancora troneggia il trono papale tra drappi di porpora, dorati angeli, massicce aquile e corone auree. Siamo nella Cattedrale Notre-Dame des Doms, situata a lato del Palazzo, resa ancora più imponente dall’altissima torre campanaria sormontata dalla statua dorata della Vergine Immacolata. Tutto luccica e rifulge. Ci sentiamo davvero nel cuore della Storia. La sacralità del luogo incanta e apre il cuore all’armonia. Una celebrazione palpitante, corale, partecipata attivamente con le letture e le preghiere.

La sera è tutta dedicata ad una passeggiata di gruppo lungo le vie della città vecchia, fino al Ponte di Avignone, Ponte Saint Bénezet, spettacolare costruzione illuminata che partendo da una delle entrate alla città, si protende sul fiume Rodano. Un tempo frontiera fra lo Stato della Chiesa e il Regno di Francia, oggi è un troncone che si protende nel fiume, dopo che una piena del 1669 fece sprofondare alcune delle campate centrali.

L’aria frizzante del primo mattino del terzo giorno ci accompagna verso Arles, città degli artisti. Qui visse Vincent Van Gogh negli ultimi due anni della sua giovane vita (1853-1890), alla perenne ricerca di quiete e armonia. Qui ritrovò una parvenza di serenità grazie alla luminosità del paesaggio e alla benevolenza della vita di provincia. Nei 15 mesi che rimase ad Arles dipinse ben 300 opere, tutte ispirate ai luoghi della cittadina, che ancora conserva la sua impronta: il Café dove dimorava, il giardino dell’antico ospedale, la piazza dove si trovava la famosa casa gialla, le viuzze e i vicoletti dagli scorci rimasti impressi indelebilmente nei suoi luminosi dipinti. Ad Arles l’occasione per ammirare anche l’arena romana, ma soprattutto per fare scorta (o scorpacciata) di lavanda in ogni sua espressione! Un tuffo collettivo in tutte le gradazioni del colore lilla!

Al pomeriggio tutta per noi la crociera in battello sul Rodano, con partenza proprio nel punto in cui il grande fiume sfocia nel mare Mediterraneo in due rami detti “Bocche”. Il vento di maestrale sferza incessante e manca quasi il respiro, seppur equipaggiati con giacche, cappucci e sciarpe, ma la bellezza selvaggia di questo angolo di paradiso ci fa dimenticare ogni disagio. Sulla prua del battello i più coraggiosi, e sono tanti (con don Luigi in testa), sono decisi a resistere alle raffiche, mentre il resto rimane sotto coperta.

I cavalli bianchi e i tori neri della Camargue si mettono in posa sulla riva al passaggio del nostro battello, sotto la supervisione del guardiano a cavallo, il “gardian”, il quale, munito del suo lungo bastone che termina con un tridente a mezzaluna (presente anche sulla Croce della Camargue), non li perde di vista un istante. La Camargue è il regno del popolo gitano, che da generazioni alleva i tori e i cavalli che corrono lungo i campi sconfinati in regime di semi libertà, ma è anche il regno dei fenicotteri rosa.

Ricomposti i capelli sparati in testa e raddrizzate le ossa, giungiamo a piedi al paesino di Saint Marie de la Mer. La piccola capitale della cultura gitana. Tanta gente in giro, incurante del vento, bancarelle variopinte, mille colori  e profumi, negozi e negozietti, bar e birrerie, ma l’attenzione è la cattedrale-fortezza, nata come torre di avvistamento e difesa per gli abitanti in caso di attacco dei pirati saraceni, con tanto di passaggio per la ronda e feritoie e merli.

Al suo interno tutto racconta delle Sante Marie. La leggenda narra di Maria Salomè e Maria Jacobè, che, insieme a Maria Maddalena e alla serva nera Sara, approdarono su queste rive dopo aver vagato per mare su una barca senza timone, in fuga dalla Palestina. Mentre Maria Maddalena proseguiva il suo viaggio nell’entroterra, le altre 3 donne rimasero in questi luoghi. Le statue delle due Marie sono raffigurate su una barca e portate in processione nell’anniversario dello sbarco, mentre la statua di Sara (Santa Sara nera) divenuta Patrona dei gitani, è collocata in una cripta sotto l’altare, sfavillante di ceri accesi, lumini, ex voto e doni, coroncine e bracciali, fotografie e dediche.

La stessa statua è letteralmente ricoperta di nastri colorati e perline gitane, a simbolo della profonda devozione della gente del luogo. Sul fondo della cripta nel 1448 vennero rinvenuti dei resti considerati delle sante, ma oggi rimangono solo poche ossa diventate reliquie esposte nella chiesa, perché i corpi vennero bruciati durante la Rivoluzione francese.

L’ultimo giorno inizia con il bel tempo,  tiepido e soleggiato. Ci aspetta Nizza, 260 chilometri. Ed è un incanto. Mare, vastità di blu, spiagge animate dai turisti, palme altissime che ondeggiano alla brezza, frotte di gente in un andirivieni movimentato e vacanziero. L’ampia Promenade des Anglais (Passeggiata degli Inglesi), la strada di 7 chilometri che costeggia il lungomare della baia degli Angeli affiancata da un’ampia pista ciclabile, sembra non finire mai. È talmente spettacolare e spumeggiante che quasi ci dimentichiamo che il 14 luglio 2016 la Promenade è stata colpita da un attentato che causò 87 vittime e 250 feriti.

Il pranzo è alla Piccola Italia. Finalmente gnocchi e spezzatini di pollo affogati nel sugo al pomodoro! Beh, la cucina francese è originale e pittoresca, ma certamente non vanta un posto da medaglia nell’immaginario collettivo. Nizza è un arcobaleno di suoni, movimento, lingue, culture. Quasi cosmopolita, trova ancora auge il dialetto nizzardo, una derivazione di quello ligure, espresso nelle doppie scritte segnaletiche. Nizza divenne francese nel 1860, come “dono” chiesto dall’imperatore Napoleone III di Francia in cambio del suo contributo all’Unità d’Italia.

 

Qui nacque Giuseppe Garibaldi, ce lo ricorda un’imponente statua che guarda verso Torino anche se la sua casa ormai è scomparsa, qui soggiornava in inverno la Regina Vittoria e la sua corte, nell’immenso hotel di 400 stanze (oggi condominio) fatto costruire per lei sulla collina che domina la baia e sulle cui guglie svetta ancora la corona reale inglese, qui è sepolto il pittore Henri Matisse. Le vestigia dei Savoia sono presenti in molti edifici, tra cui il  Palazzo Reale, ma anche le testimonianze delle villeggiature invernali dell’aristocrazia europea ancora permangono nei numerosi e maestosi hotel in stile liberty lussuosi ed elegantissimi, seppur oggi riconvertiti in abitazioni private.

           

Nizza è una fiaba. Come essere catapultati in uno scrigno, dove si respira relax e svago. Senza un pensiero al mondo. Ma la dobbiamo lasciare, perché è tempo di ritornare.  Si cominciano a ricomporre le pagine di questa entusiasmante storia: le numerose foto di gruppo, sbarazzine e burlesche, ma anche romantiche, quelle scapigliate e quelle scompigliate dall’imperterrito maestrale,  gli scatti condivisi degli scorci più originali, gli aneddoti raccontati, la convivialità spontanea e genuina, la presenza pacata e composta del nostro don, l’originalità delle due guide (il giovane Paul e il compatto signore di Nizza) che ci hanno affiancato in questo percorso… Ma soprattutto i luoghi indelebilmente stampigliati in noi. Un misto di dolce rimpianto e di attese acquietano per un istante anche i più ciarlieri.

Scorrono dai finestrini le immagini dei borghi liguri, dove la vita è quasi rallentata, un passo dopo l’altro come seguendo la risacca, aspettando un nuovo giorno. Paesini e strade quiete e dimesse, alture verdeggianti tra casolari semplici. Le ore si dipanano pigre, tra la recita del rosario e leggere conversazioni. Le code frequenti prolungano la durata del tragitto, ma poi, a mezzanotte, appare brillante la Torre dei Venti che sembra indicare la via.

Stanchi  e assonnati, reduci da una avventura che mai dimenticheremo, ognuno di noi riprende il proprio fardello, con uno spirito nuovo, essere un faro di armonia e speranza nella vita di ogni giorno. Il cuore più leggero, l’animo più sereno, e soprattutto la consapevolezza di far parte di un mondo meraviglioso, dove l’incanto ha trovato rifugio.