Il “Ricordo di un dolore” in vetta alla Presolana

Il “Ricordo di un dolore” in vetta alla Presolana

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Da sempre gli uomini salgono sulla Presolana. Non solo per imprese propriamente alpinistiche, ma anche per cercare un appiglio al nulla, uno scopo emotivo, una consolazione dell’anima. Per raggiungere il cielo, per continuare a sperare. Per adempiere un voto.

In Presolana, la Regina delle Orobie, salgono alpinisti e amanti della montagna, escursionisti e camminatori, semplici appassionati e devoti. E come prescrive il galateo, quando si giunge al cospetto della Regina, si portano doni. Doni fatti di roccia e pietra, cappellette e altari, targhe e croci. Da oggi c’è anche un quadro.

La Presolana e i suoi ragazzi perduti per sempre

È un quadro speciale, perché è il simbolo di questi mesi di pandemia, di dolore, di morti, di assenze, di addii, di separazioni, di solitudine, di lontananza.

Si intitola “Ricordo di un dolore-ritratto di Santina Negri” ed è il capolavoro del pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907), già autore del famosissimo “Quarto Stato“. Un dipinto realizzato tra il 1898 e il 1901.

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La Gamec di Bergamo (Galleria di Arte Moderna e contemporanea) in questi mesi ha voluto realizzare una mostra particolare, che rappresenti e intrecci la terra di Bergamo in una identità condivisa attraverso un unico tema: “Ti Bergàmo” che vuol dire “Bergamo ti amo”.  L’idea, che trae il titolo da un disegno realizzato e donato al museo dall’artista rumeno Dan Perjovschi per sostenere la campagna di raccolta fondi per l’Ospedale Papa Giovanni XXIII, promossa dalla Gamec  Bergamo, è curata da Valentina Gervasoni e Lorenzo Giusti. Dalla Presolana all’Adda, la terra di bergamo diventa comunità, che fa rima con solidarietà, fraternità, bergamaschità.

Sono stati mesi difficili, mesi dolorosi, mesi devastanti. Ma anche mesi donati, dedicati a qualcuno di cui prendersi cura, a qualcosa da offrire, piccoli gesti di altruismo, come quella fetta di polenta di un tempo offerta al viandate e al forestiero, o quella ciotola di latte appena munto donata al bimbo affamato.

La mostra ha il suo gioiello centrale proprio il dipinto di Pellizza da Volpedo, uno dei capolavori più amati tra quelli custoditi all’Accademia Carrara. Esso rappresenta il simbolo del dolore individuale che diventa collettivo nel suo ghermire una intera valle, una intera città. La protagonista del dipinto, Santina, mentre sta leggendo un libretto, improvvisamente, in modo devastante, come se una parola gliel’avesse riportato alla memoria, viene aggredita dal ricordo di un lutto.

Forse la morte del fratello, avvenuta tempo prima. E il dolore erompe dilagando. Se ne sta lì, seduta sulla sedia, ancora con il foglio in mano, gli occhi sbarrati e persi nel vuoto, increduli ma nello stesso tempo rassegnati al devastante uragano che in pochi istanti ha capovolto la sua vita. Un attimo e tutto è cancellato.

Ricordo-di-un-dolore-o-Ritratto-di-Santina-Negri FONTE WEB

Quello sguardo di contadina è diventato protagonista di un viaggio organizzato dal duo artistico Masbedo. Un alpinista si è caricato sulle spalle una riproduzione del dipinto e ha intrapreso una solitaria ascesa fino sulla vetta della Regina delle Orobie. La Madre Terra. Passo dopo passo, lungo sentieri dapprima agili e ombrosi, che diventano sempre più ardui, rocciosi, in bilico sul vuoto.

Terra aspra che si spacca e si divide sui dirupi. Gli Abissi del vivere. E finalmente Santina e il suo “Ricordo di un dolore” finalmente giunge Lassù, dove l’aria si terge di azzurro, dove il cuore si rinsalda abbracciando coloro che se ne sono andati e coloro ancora palpitano nei fondovalle. Un unico dolore. Un’unica rinascita.

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