Sono nata con la minigonna

Sono nata con la minigonna

1969, Aurora Cantini a 7 anni con la sorellina Angela di 4

Il 13 aprile 2023 si è spenta Mary Quant a 93 anni. Nulla di particolare, perché questo nome è pressoché sconosciuto alla stragrande maggioranza di noi. Comprese noi donne. Eppure dobbiamo a lei una conquista eccezionale, che ha rivoluzionato il nostro modo di essere, portando la libertà. Quella legata alla propria essenza, una libertà che non è né politica né femminista, né idealista. Semplicemente una libertà di esprimere la propria personalità in un modo fatto su misura, ritagliato lungo i fianchi della propria vita e delle proprie esperienze. Sto parlando della donna che ha inventato la minigonna.

Si era negli anni Sessanta, anni di rivolta, anni di ribellione sociale. La categoria “giovani” non esisteva. Si passava letteralmente dall’infanzia all’età adulta. Anzi, dopo la terza elementare, i bambini e le bambine erano già uomini e donne in miniatura. Giacca e cravatta o fazzoletto al collo per i maschietti, gonnelline e grembiuli con pesanti calze di lana per le femminucce. Mary Quant decise che la libertà poteva essere anche vissuta attraverso un look nuovo. Un look soprattutto comodo e facile. La gonna diventò minigonna. 10 cm sopra il ginocchio come partenza. Vuoi mettere la possibilità di saltare, ballare, andare in bicicletta, senza il groviglio di gonne e gonnelloni che appesantivano, che impedivano, che legavano e attorcigliavano. Libere. Era il 1963 quando la minigonna apparve per la primissima volta nella vetrina del negozio di Londra Bazaar, di proprietà della stilista Mary Quant e del marito.

In Italia la minigonna arriva nel 1966. Immagino lo stupore delle prime ragazze che osavano passeggiare lungo le vie del centro città con la loro minigonna. O addirittura lo sconcerto e lo scalpore o il boicottaggio suscitato dalla gente dei piccoli paesi, dove ancora erano radicate e vive le tradizioni del comportarsi bene, ubbidire agli adulti, tutti, seguire le regole e le convenzioni gerarchiche. Dove le famiglie patriarcali erano ancora molto solide e presenti nelle contrade e nelle borgate. Immagino le battaglie che quelle ragazze di 18/20 anni avranno sostenuto contro papà e mamma, zie, nonni e nonne, per poter indossare la minigonna. Immagino anche la determinazione con cui quelle ragazze avranno risparmiato, messo da parte la prima paghetta con i lavoretti saltuari, chiedendo in cambio qualche lira, da accantonare per acquistare lei, la minigonna.

1974, Aurora Cantini e la sorellina

Non ho memoria delle battaglie sostenute dalle mie cugine più grandi. Non ho un sentore dei contrasti o dei battibecchi o delle porte sbattute che saranno stati sicuramente parte attiva a questa conquista. Non ho mai sentito le mie zie discutere tra loro o con mia madre di quelle figlie più grandi che magari stavano dando il cattivo esempio a noi cuginette più piccole.

Semplicemente, siamo nel 1969, mia mamma mi comprò la mia prima minigonna. Era uno scamiciato in stile scozzese sui toni dell’arancione, identico a quello della mia sorellina più piccola, che ne aveva uno nella versione gialla. Io avevo 7 anni, mia sorella 4, e mia mamma fece scattare a qualche parente o amico una fotografia (noi non avevamo macchine fotografiche in casa). Eccola la mia prima minigonna. Gambe al vento, libertà di andare in bicicletta anche col mio vestitino.

Si può dire che sono nata con la minigonna. L’ho ricevuta come dono di essere me stessa, come una seconda pelle. Non ho mai visto la minigonna come una bandiera, né come una rivoluzione, né come un contrasto al perbenismo, o alla sottomissione agli ordini dei maschi o delle madri. Semplicemente la minigonna è comoda. Perché dopo quel vestitino a quadretti scozzese arancione ne sono venute molte altre e le mie gambette che piano piano crescevano e si ammorbidivano ricevevano il bacio del sole. E io ne ero orgogliosa. Devo dire grazie a mia mamma che pur essendo nata nel 1930 ha visto nella minigonna un qualcosa di bello per le sue bambine che un giorno sarebbero diventate donne.

Mia mamma la minigonna non l’ha mai messa. Nelle fotografie è sempre ritratta con la gonna al ginocchio. Castigata e composta. Eppure ha dato a me e a mia sorella la possibilità di scegliere, di vivere la vita che volevamo noi. Come anche di tagliare i capelli a caschetto, o alla maschietto, invece delle ore passate sotto il casco della parrucchiera con la testa avvolta nei bigodini. Mia sorella ha abbandonato presto la minigonna per scegliere i pantaloni che praticamente indossa sempre ancora oggi. Io invece non ho più smesso di indossare la minigonna.