Sparavera, un borgo da amare

Sparavera, il borgo della Valle Brembana che fa innamorare

1 Sparavera

Sparavera non è un borgo, è un portale della storia incuneato in cima alla Valle Brembana, a ridosso del paese di Mezzoldo, poco sotto il confine con Passo San Marco. È rimasto immutato nei secoli con l’unica variante concessa alla vita moderna: una strada carrozzabile, che, con pochi semplici tornanti, giunge dritta nel cuore del gruppo di case. Appare un arco, una porta di entrata e vicoletti che si incuneano tra le antiche case offrono scorci e immagini di struggente e remota bellezza. Portoncini, scale di legno, ballatoi, androni, soffitte, lobbie, attrezzi contadini disposti in bell’ordine a ridosso dei muri, minuscoli cortiletti racchiusi e imprigionati come in un mondo di giocattoli di una volta.

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Ecco che il silenzio diventa la guida turistica del Borgo. Il silenzio accompagna come un fruscio di parole e la narrazione antica si apre davanti ai nostri occhi. Un libro chiama ansando lungo gli stretti passaggi. Il cuore lo sfoglia a poco a poco con rispetto, circospezione e soggezione. Sparavera, una delle frazioni più estreme delle Orobie bergamasche, un borgo che ha sofferto lo spopolamento, la fuga in pianura, la mancanza di servizi, di attività commerciali. Sparavera è una piccola frazione in un piccolo comune, ci abitano in quattro. Costruito tra il 1200 e il 1300, appare intatto nella sua veste medievale. Un tempo a Sparavera transitava la via del ferro, che veniva estratto nelle cave della zona e trasportato in Valsassina, dove veniva lavorato.

Oggi il Borgo di Sparavera è inserito nel catalogo Luogo del Cuore del Fai e molti turisti salgono a visitare l’antica contrada, i suoi passaggi pedonali, le sue cantine, le sue fontane, le antiche latterie, i pozzi, i selciati, le staccionate, i belvedere quasi a picco sulla valle. Tra le 4 persone che ancora vivono a Sparavera c’è Antonio Balicco. Quando nacque lui nel 1958 c’erano ancora tantissimi bambini, andavano  a scuola scendendo lungo la mulattiera tutti in fila, fino a Mezzoldo. Si facevano compagnia i bambini e la scuola era il loro svago alla vita di campagna. Poi la famiglia di Antonio decise di emigrare in Pianura Padana, con Antonio che frequentò le scuole in una cittadina vicino a Lodi. Dopo una vita trascorsa al lavoro in pianura ha deciso di ritornare alle sue origini. Oggi si dedica ai suoi orti, all’allevamento, al formaggio che offre ai turisti.

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Antonio non teme la solitudine, né il freddo, né il buio, gli fanno compagnia le voci degli antichi abitanti di questa terra, lo scaldano l’abbraccio delle antiche mura, dove sono nate e vissute intere generazioni. Eppure non è solo. Parecchie famiglie sono ritornate, sono i nipoti delle persone che originariamente vivevano a Sparavera, che qui hanno deciso di ristabilirsi.

Sono i villeggianti che hanno acquistato porzioni di stalle o di fabbricati o di caseggiati e li hanno ristrutturati per evadere, per trovare la tranquillità e il silenzio, il cuore pulsante della montagna.

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In realtà oggi c’è la strada, ci sono i telefoni. In pochi minuti si è al paese, ci sono tutti i servizi. In estate è davvero un piacere vivere nel Borgo, diventa un’esplosione di colori, di fronde, di brezza leggera. Ma anche d’inverno Antonio fa la legna, d’estate fa il fieno, tiene puliti i prati. Alla domanda sul perché abbia deciso di abitare di nuovo in una piccola frazione, Antonio risponde: “La vera domanda non è perché voglio stare qui, ma la pongo io a voi, perché non venirci ad abitare”.

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