I reduci delle Torri Gemelle

I reduci delle Torri Gemelle

11 settembre 2001

Sono passati decenni da quel tragico giorno che ha cambiato la storia contemporanea e ha gettato la violenza del terrorismo direttamente nelle nostre case.

Da quelle 8.48 in poi, ogni ora, ogni minuto, ogni istante hanno segnato uno spartiacque al senso di fiducia e di aspettativa che ognuno coltiva nell’animo per lasciare il posto ad un globale senso di paura, anche solo scendere in metropolitana o entrare in un centro commerciale, o andare allo stadio, o uscire a mangiare al ristorante, o partecipare ad un concerto, o affollarsi sulla spaggia….

Ma poco ormai si parla dei reduci delle Torri Gemelle, di coloro che sono ritornati indietro, portando per sempre sulla pelle e sul cuore le ferite devastanti della paura. Poco raccontano di quegli incubi che aggrediscono le loro notti, come le testimonianze degli italiani sopravvissuti.

2979 vittime, come un paese intero cancellato dalla faccia della terra. Ma come vivono oggi coloro che sono sopravvissuti, coloro che hanno perso una parte della propria anima?

Manhattan dall'alto, foto di Oscar Carrara
Manhattan oggi vista dall’alto, foto di Oscar Carrara

Piccoli gesti, rituali di ogni giorno conservati nella memoria visiva di chi ha visto scomparire una persona cara: le pantofole del marito lasciate ancora dove lui le ha appoggiate, ben ordinate sotto il letto, come in attesa, le foto conservate in bella vista sul tavolino, i vestiti della moglie rimasti appesi negli armadi, il posto vuoto del papà al tavolo in cucina, il libro rimasto aperto alla pagina segnata dalla figlia studentessa, i fiori in giardino ancora curati come faceva la mamma…

Senza parole si mantiene il legame profondo con  chi non c’è più, perché dopo la parte ufficiale, sbandierata, esposta, rimane quella privata, intima, personale, dove il lutto e la perdita sono vividi come il primo giorno.

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Scrive Alessandra Retico nel suo reportage: “Le vedove dei pompieri morti nel crollo delle torri hanno costituito una associazione, per farsi forza a vicenda, ma anche i figli orfani. La Twin Towers Orphan Found ha stimato che circa duemila ragazzi hanno perso un genitore l’11 settembre, spesso il padre, visto che l’81% dei morti sotto le Torri erano uomini, età media 39 anni. Diverse centinaia il padre non hanno fatto in tempo a conoscerlo. Come Charlie, nato il 17 settembre. Suo padre Jimmy, 36 anni, lavorava alla Cantor Fitzgerald, piani 101-105 della Torre Nord. Sua madre Trish, 32 anni, si è ribellata allo stato di vedovanza anticipata e ha scelto di continuare a vivere. Come? Comprando un paio di scarpe da ginnastica (“paralizzata dal lutto alla mia età?”) e dandosi da fare con bollette, assicurazioni, pensione e tutta quella burocrazia che Jimmy sbrigava per la famiglia.
Fa quello che faceva prima, ma c’è qualcosa di bloccato nella vita di Mike Kehoe, uno dei pompieri sopravvissuti al crollo delle Torri. Pochi ricordano il suo nome, la sua faccia è invece stampata nella memoria del mondo: sulle scale della Torre nord Mike fu ripreso in uno scatto fotografico che lo ha immobilizzato a quel giorno: lo sguardo terrorizzato e come di scusa mentre percorre le scale nel senso contrario della salvezza, verso l’alto. La gente in fila scendeva, lui saliva per fare il suo dovere. Si è salvato Mike, e non ha mai raccontato granché di quei momenti, né alla moglie né agli amici cari. L’hanno definito un eroe, e lui non ci si sente: “Ho fatto quello che ognuno ha fatto quel giorno: ho salvato me stesso”. Solo dopo tre mesi dall’11 settembre Mike è tornato a lavorare “perché la caserma è la mia terapia”.
Non ci sono statistiche, ma molte piccole storie che raccontano di manager e impiegati che dopo l’11 settembre si sono disfatti del lavoro e della carriera. Oggi, per loro, la vita è altrove.”

Dopo anni molti dei sopravvissuti continuano a morire di cancro. Ormai sono tanti quanti i morti nell’attentato: i sopravvissuti dell’11 settembre. Di tanti altri ancora non si sono trovati i corpi. Uno dei pompieri accorsi quel giorno non fu mai più ritrovato. Fu uno dei 343 soccorritori scomparsi. Aveva fatto una donazione qualche settimana prima dell’attentato per aiutare un bambino che aveva bisogno di un trapianto di midollo e solo a giugno di quest’anno si è finalmente potuto celebrare il suo funerale: al posto del suo corpo hanno deposto due provette del suo sangue.

QUEL CHE RESTA DELLE TWIN TOWERS

Quel che resta delle Torri Gemelle

L’World Trade Center non esiste più, al suo posto svetta la Freedom Tower. L’altezza è di  541 metri e 33 centimetri (non vengono calcolati i 5 metri del pennone), che equivalgono a 1776 piedi. Il numero 1776 è stato scelto poiché rappresenta l’anno della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti. Accanto è stato allestito il Memorial dell’11 settembre con le sue due enormi vasche quadrate che occupano l’impronta delle Torri Gemelle.

Il Museo dell’11 Settembre si inserisce tra le due fontane, si scende per sette piani, perché il museo si trova sottoterra e le luci sono basse, si oltrepassano i propilei delle due colonne  della facciata originale del World Trade Center e si è al cospetto della Memoria: foto, oggetti, ricordi. È stato definito in parte monumento, in parte museo, in parte cimitero in cui resti umani ancora senza nome entrano ed escono per le prove del Dna. Si trova 20 metri sotto la superficie, laggiù dove erano ancorate le fondamenta delle Torri Gemelle. Il cuore del dolore.

Uno sguardo silenzioso all’interno del Museo del Memorial 9/11

Il ROMANZO SULLE TORRI GEMELLE

Come briciole sparse sul mondo