dal racconto autobiografico “Vita sul Mississippi” di Mark Twain
La voce parlata che si ascolta all’inizio del brano è di John Dee Holeman. È una leggenda vivente del Piedmont Blues, mentre viene intervistato da David Holt.
Il libro si apre con una breve storia del fiume a partire dalla sua scoperta. Segue una prima metà del volume in cui Twain racconta la sua gioventù come aiuto pilota sui battelli a vapore prima della guerra civile americana.
Twain si sofferma a lungo sulla complessa arte della navigazione su un fiume dal corso mutevole e imprevedibile come il Mississippi.
IL RITORNO
Nella seconda metà, Twain racconta del suo ritorno al Mississippi molti anni dopo, mentre solca l’amato fiume da adulto. In particolare, molti paragrafi sono dedicati alle profonde trasformazioni subite dalla valle del Mississippi dai tempi della sua infanzia. Si narra ad esempio l’arrivo della ferrovia, con la sua voglia di ferro e velocità.
Le barche dondolano abbandonate nello sciacquio solitario delle grandi anse placide e mai sconfitte, fino alla nascita delle grandi città.
Su tutto primeggia l’indolente avanzare della grande acqua, che governa vita e morte dell’uomo, i lunghi pomeriggi umidi e assolati. È un girovagare a piedi nudi tra le intricate boscaglie della riva, a caccia di bisce d’acqua e toporagni. I passi si muovono nel frinire di cicale e passeri, quando il buio non giunge mai, e mai è buio.
Come non ricordare il piccolo Tom, la sua irruente voglia di esplorare e fuggire oltre l’orizzonte. È un ritornare bambini. È creare casette sugli alberi, dondolarsi sopra lo specchio immoto del lago, del corso d’acqua, dello stagno dietro casa. E l’acqua va, va, va. L’importante è seguirla, anche se i piedi restano fermi qua.
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