Non piangere per me, Argentina

“Non piangere per me, Argentina”

Evita Perón nel centenario della nascita

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Con queste parole esalava il suo ultimo respiro una delle donne più leggendarie del Novecento, Evita Perón, la First lady argentina tra il 1946 e il 1952. In questi mesi avrebbe compiuto 100 anni. Nacque infatti il 7 maggio 1919, ma a soli 33 anni la sua giovane vita si arrese ad un male incurabile. Discussa, controversa, analizzata, commentata, fotografata, Evita fu sempre e soltanto una giovane donna dal forte carisma e dallo spregiudicato coraggio di vivere, comunicare, combattere e scegliere il suo essere donna in un mondo di uomini. Fu criticata per il lusso che mostrava negli abiti firmati  e nei gioielli e per la vita agiata che conduceva, eppure Evita nacque e visse la sua infanzia in estrema povertà. Marchiata a fuoco fin dai primi istanti della sua vita.

Maria Eva Ibarduren Duarte fu una figlia illegittima, in un’epoca in cui questa parola significava ribrezzo, esclusione, marchio e vergogna. Solitudine ed emarginazione. Il padre era un ricco propritario terriero dalla doppia vita, una regolare e borghese in città e l’altra, più nascosta e defilata, in campagna. La madre era una ragazza semplice, una lavorante operaia di origini creole. Per questo nei primi anni Maria Evita veniva definita “negrita”, e in seguito lei stessa diede origine al nomignolo con cui il mondo intero ebbe modo di conoscerla, “Evita”. Ma quando aveva solo sei anni il padre morì in un incidente d’auto e questo gettò la famiglia nella disperazione. La madre con i cinque figlioletti si spostò in una città vicina dove  trovò lavoro come sarta. Ma la situazione era davvero tragica.

Per questo Evita a 15 anni se ne andò di casa, trasferendosi a Buenos Aires. Era decisa a dedicarsi al teatro. Ma nel 1944, quando lei aveva 24 anni e stava iniziando la sua carriera come attrice, incontrò Juan Domingo Perón. Era un colonnello, Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali, vedovo, e aveva 48 anni. Nulla avrebbe fatto immaginare l’esplosione di un grande amore. Troppo diversi i caratteri, troppo diverse le origini e la vita. Eppure non si lasciarono più.

Evita Perón è ancora oggi ricordata e amata dal popolo argentino, che, come ha scritto la giornalista Carla Svanera sul numero di maggio della rivista “Airone”, “porta ancora il lutto per lei, che si battè per i poveri, per le donne e per l’infanzia”. (cit. Rivista Airone)

“Santificata dal popolo argentino, Evita restò impressa nella memoria di tutti. A lei furono dedicati moltissimi luoghi e cose. Ma soprattutto il Congresso Argentino le conferì il titolo di “Capo Spirituale della Nazione”. (cit. Rivista Airone)

Fondò un ente benefico, la “Fondazione Evita Perón”, nato con lo scopo di aiutare le persone bisognose, venne definita Madre dei Descamisados, (le persone senza camicia, poverissime), costruì ospedali, offrì borse di studio agli studenti con difficoltà economiche e sostenne con ogni mezzo le ragazze madri e gli anziani soli e abbandonati. Operò per fornire assistenza medica e aiuti alle famiglie senza casa, senza futuro, senza diritti e si battè per l’uguaglianza politica tra uomini e donne. Girò l’Europa per promuovere la sua Argentina, che ancora veniva penalizzata dalle conseguenze della guerra da poco conclusa, incontrò capi di stato, re e principi, che subirono l’incanto del suo aperto sorriso e il suo fascino acqua e sapone. Venne ricevuta da Papa Pio XII che le offrì un rosario d’oro e la Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno.

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Aveva da poco compiuto trent’anni quando si ammalò. Evita era forte, determinata, il suo giovane corpo non era pronto a cedere le armi, si sottopose a cure e operazioni dolorose, seguì i suoi impegni istituzionali e umanitari fino all’ultimo, ma la sera del 26 luglio del 1952 chiuse gli occhi per sempre, dedicando le sue ultime parole a quel popolo che aveva amato incondizionatamente e da cui era stata amata con pari affetto.

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L’Argentina era devastata dal dolore. Venne decretato un mese di lutto nazionale. Una folla immensa, come mai si era vista, si radunò in Plaza de Mayo per renderle omaggio. In silenzio uomini, donne e bambini di ogni classe sociale si avviarono in pellegrinaggio, gli uni dietro gli altri in una fila interminabile, uniti da un unico grande amore, 10 ore di attesa sotto la pioggia e il vento dell’inverno australe, solo per poter vedere ancora una volta il suo volto di grazia e leggerezza. Attraverso il vetro trasparente della bara accarezzavano quel profilo di porcellana, reso ancora più perfetto dall’opera di imbalsamazione, dedicandole messaggi interminabili di desolante perdita.

Quando nel 1955 il Presidente Juan Domingo Perón venne deposto da un colpo di stato militare, il corpo di Evita venne portato via e di questa donna che già era diventata un mito, quasi una santificazione devota, si persero le tracce. Poi nel 1957 venne trasportata in Europa, sotto falso nome. Era quello di una donna italiana, Maria Maggi De Magistris, nata a Dalmine, Bergamo e morta a Rosario, in Argentina. Evita Perón trovò riposo nel Cimitero Maggiore di Milano, dove restò fino al 1970, testimoniato dalla targa che ancora la ricorda.

In quell’anno l’ex presidente Perón si trasferì in esilio in Spagna e la volle avere con sé. Finalmente, nel 1974, quando Juan Domingo Perón venne nuovamente eletto Presidente dell’Argentina, la piccola Evita potè ritornare a casa, nella sua Argentina e riposare nella cappella di famiglia. Il corpo era ancora intatto, avvolto nella bandiera bianca e azzurra, come una principessa nella sua urna di cristallo. Ma nessun bacio avrebbe potuto risvegliarla dal suo sonno perenne. Juan Domingo era invecchiato, soggiogato dalle fatiche degli anni e dagli acciacchi dell’età e si spense pochi mesi dopo il ritorno in Argentina, a 79 anni.

La ragazza giramondo, senza radici e senza pareti, con l’orizzonte come unico confine, continuava a splendere di gioventù e di sogni mai conclusi. Evita aveva scelto di abitare il mondo e di riposare sotto il suo cielo. Unì popoli  e lingue, unì emigranti e viaggiatori della vita, unì braccia e menti, cuori e ideali. Eternamente Evita, eternamente Argentina.

2 Risposte a “Non piangere per me, Argentina”

  1. Potrebbe essere la protagonista di un tuo romanzo……forte, coraggiosa,combattiva!
    Grazie per avercela ricordata
    Luciana

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