Medea Colleoni, la fanciulla morta di polmonite 550 anni fa

Medea Colleoni,

la fanciulla morta di polmonite 550 anni fa

Medea Colleoni

Il 6 marzo 1470, 550 anni fa, moriva una ragazzina di polmonite. Aveva solo quindici anni. Non era una cosa rara a quei tempi, eppure quella fanciulla ha lasciato il segno nella leggenda, nel romantico. Perché non era una fanciulla qualsiasi.

Era la figlia prediletta di uno dei più grandi Condottieri del tempo, o forse di tutti i tempi. Il Capitano Bartolomeo Colleoni, di Bergamo. L’uomo signore dei due castelli conosciuti in tutta Italia, quello di Cavernago e soprattutto quello di Malpaga.

Medea… già il nome evoca struggente e pura bellezza, ali leggiadre sul filo della sera, sguardi lontani persi nell’oblio, e tanto amore. Quello di un padre che non riesce a staccarsi da quel volto diafano e leggero e decide di renderlo eterno con il dono più grande, quello del ricordo. Una scultura–sarcofago su cui dorme una fanciulla di marmo. Una vergine biancaneve.

L-ultimo-saluto-del-Colleoni-alla-figlia-Medea_ di Ponziano Loverini

Il profilo delicato attende un bacio, le palpebre chiuse sugli occhi gentili, le trecce raccolte sul capo. Immobile e immota. Silenziosa, ma viva. Lo scultore umanista Giovanni Antonio Amadeo creò un capolavoro. Il capolavoro del dolore, ma anche della vita; della perdita, ma anche dell’amore. Della gioventù,  ma anche della caducità.

Nella Cappella Colleoni, in Città Alta, Medea ci attende. Medea attende la sua gioventù.

In realtà la ragazzina morì nel Castello di Malpaga e venne sepolta nel Santuario della Basella di Urgnano, in un sarcofago di marmo bianco di Carrara. Sopra venne adagiata la statua di Medea, vestita con un abito di velluto operato. Una fanciulla bianca come di luna. Era il 1571 quando l’opera venne iniziata su desiderio dolorosamente pungente del vecchio padre. Egli morì cinque anni dopo la figlioletta, e solo dopo la sua morte il sepolcro venne completato. Suo inseparabile compagno un uccellino, suo compagno di giochi, ancora conservato in una campana di vetro. Ormai è uno scheletrino, ma dà una stretta al cuore vedere quel minuscolo corpo deposto su un cuscino. La piccola urna è posta nella Sagrestia della Cappella Colleoni ed è visibile su richiesta al custode.

L’uccellino di Medea Colleoni

Così ne viene narrata la storia sul sito Cappella Colleoni, l’uccellino di Medea:

Nel 1842, quando fu traslato il monumento funebre di Medea Colleoni dal Santuario della Basella a Urgnano alla Cappella Colleoni a Bergamo, fu trovato accanto alle spoglie della giovanetta un passerotto (o forse un cardellino) imbalsamato, che è tuttora custodito sotto una campana di vetro nella Cappella. L’insolita presenza del pennuto ha alimentato una leggenda che risulta verosimile. Quando Medea morì, l’uccellino suo compagno di giochi avvertì il tragico evento e spirò: Bartolomeo volle allora che l’animaletto imbalsamato accompagnasse la figlia nell’ultimo viaggio. Un piccolo e forse insignificante particolare, ma che aggiunge qualcosa nella ricostruzione della personalità del Colleoni, che ci piace pensare fosse stato anche un tenero padre.” (Fonte web)

Nel 1842 il monumento-sepolcro venne spostato nella Cappella Colleoni, per riunire papà e figlia in un abbraccio senza tempo.

Una ragazzina quasi bambina e un uccelino senza tempo. Ci ricordano che siamo poche ossa e carne, più fragili di un uccellino. Ma siamo anche capaci di eterni ardori e sublimi, infiniti viaggi dell’anima.

Oggi ne muoiono tante, di persone a noi care. Vengono strappate a noi senza più un saluto, né un abbraccio, né una carezza. Da un giorno all’altro non ci sono più. Ma lei, Medea, dorme il suo sonno di silenzio e ci ricorda che la vita non muore mai.

 

 

2 Risposte a “Medea Colleoni, la fanciulla morta di polmonite 550 anni fa”

  1. Chi muore in questi giorni non è neppure accompagnato dal rito del funerale.
    Abbiamo solo la consolazione di sapere che verrà accolto nelle braccia del Padre per vivere in eterno.
    Spero di poterti rivedere presto cara Aurora.
    A te e ai tuoi cari un affettuoso abbraccio, ovviamente alle debite distanze.
    Luciana

    1. Ciao Luciana, anche qui da noi sull’Altopiano Selvino Aviatico se ne stanno andando in tanti, in troppi. Sto perdendo parenti e amici di ora in ora. Ci conosciamo tutti, circa 3000 anime in due paesi, tutti più o meno imparentati. Quando muore qualcuno, sulle dita ddi due mani in un anno, partecipa tutto il paese, nel senso letterale davvero. Soprattutto con gli anziani, le nostre memorie storiche. Ma in questi giorni tutto è straziante. E’ terribile! Ma la piccola Medea ci può ricordare che esiste ancora una parola, da gridare con forza, SPERANZA! Aurora

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