La piccola profuga dalle manine alzate

La piccola profuga dalle manine alzate

C’è una foto che sta facendo il giro del mondo, rappresenta una bambina vestita con un semplice e modesto maglioncino che punta lo sguardo fisso e serio verso il fotografo, le manine chiuse a pugnetti alzate sopra la testa.

Leggendo l’articolo apparso sul quotidiano della mia provincia ho scoperto che si chiama Hudea, ha 4 anni, ed è arrivata al campo profughi siriano di Atmeth dopo 150 chilometri di viaggio con la mamma e due fratelli. Ha visto il fotografo con il teleobiettivo puntato su di lei (la foto è stata scattata da Osman Sagirli) e l’ha scambiato per un soldato con un’arma da guerra puntato contro di lei. Così ha fatto quello ha visto fare troppe volte in Siria da quando è nata: ha alzato le manine per dire “Mi arrendo!” E probabilmente subito dopo si sarà messa a piangere.

Una piccola profuga che si arrende alla cattiveria dei grandi.

L’intervista al fotografo su Corriere.it

Nel solo 2014 in Siria sono scomparsi 3500 bambini. È questo il futuro del nostro mondo? Costringere i bambini ad arrendersi?
Un bambino è indifeso, senza secondi fini, si consegna a noi senza ombre, senza riserve ma proprio per questo è fragile e prezioso.
Ciò che ferisce un bambino ci colpisce profondamente, le lacrime di un bambino scavano solchi dentro di noi. Perché tutti noi siamo stati bambini una volta e sappiamo come stanno le cose. I bambini sono l’altra parte di noi stessi, una parte che purtroppo tendiamo a dimenticare, come succede ai grandi.

Eppure perché, perché proprio i bambini vengono abbandonati in un angolo come straccetti buttati via, perché sono i primi a essere dimenticati, resi muti e silenziosi dall’ira dell’uomo, perché sono i primi a cui viene rubato il giorno, a cui si acceca la luce, a cui si strappa la voce? Perché costringiamo i bambini a non avere infanzia, a non avere speranza?

Eppure ricordiamo bene la nostra fragilità di bimbi, le ferite dell’infanzia sono marchiate a fuoco sulla pelle, indelebili, vivide, a tratti grossi di pennarello.

 “Un fagottino di vita,

poche gocce di storia,

frammenti di sogni friabili

come pergamena antica,

ancora imbevuti di rugiada

come le prime ali di farfalla.

Scricchiola solo un poco sotto le scarpe,

mentre avanza l’uomo lungo il sentiero del buio.

Senza voltarsi indietro.” (Aur Cant)

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PICCOLA PROFUGA

Si rannicchiava allo sguardo
una bambina,
le manine tese
all’argento della sera.
Cercava un sogno abbandonato
strappato al tepore del primo sonno,
un timido balocco
dietro i vetri di smeriglio. (…)

(Dal libro “Nel migrar dei giorni“)