La croce sui girasoli, un inedito diario intimo della Ritirata di Russia

La croce sui girasoli, un inedito diario intimo della Ritirata di Russia

La rroce sui girasoli

La Croce sui girasoli è il tragico diario della Campagna di Russia scritto dal cappellano militare Aldo Del Monte. È uno dei più intensi diari della nostra letteratura accanto al “Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern o alle “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi.

Eppure è quasi sconosciuto. Scritto di getto dal giovane reduce scampato quasi miracolosamente al massacro nel vallone della morte di Kantemirovka e pubblicato pochi mesi dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 2015 è stato ripubblicato, a settanta anni dalla fine della guerra  e dalla prima edizione e nel centenario della nascita del suo autore, avvenuta nel 1915.

È un diario spirituale, non racconta fatti d’arme o eventi in cronologia da bollettino di guerra, racconta gli uomini, i ragazzi, nelle loro paure, nei loro pianti, nel loro esaltare l’ultimo respiro, là, nella fredda steppa russa, a meno 40 gradi, in una tenda del misero ospedale da campo allestito da don Aldo e dai suoi alpini poco fuori Kashari.

LA DISASTROSA RITIRATA DEI SOLDATI ITALIANI IN RUSSIA, UOMINI, NEVE, FREDDO, MARCIA

Non siamo ancora nei giorni della Ritirata, della disfatta sul fiume Don nel gennaio del 1943. Eppure quei mesi di fine autunno racchiudono tutta la tragedia che di lì a qualche settimana si consumerà devastante in tutto il suo tragico epilogo. “C’è un campo di girasoli, poi c’è un’altura sempre battuta dal vento; ecco, appena a valle, c’è il cimitero. È a balze, inciso nella terra nera della steppa. Croci ed elmetti di guerra, nulla di più. Sotto ci sono i miei morti. Ragazzi di ogni paese d’Italia, lontani cinquemila chilometri dalla patria. Desolati,  reclinarono il capo sulla neve, o chiamando la madre, o baciando sfiniti la croce. Ora li veglia una croce gigantesca levata sui girasoli.”

Cimitero campale fuori Kashari

Don Aldo riceve il compito di costruire un cimitero su una altura vicino  a Kasary e lì, uno dopo l’altro, vengono deposti fanti, alpini, bersaglieri, Camicie Nere, ma anche prigionieri russi, soldati tedeschi che non sono sopravvissuti alle ferite. Ma anche bambini sbandati e randagi o anziani derelitti colpiti dalle mine. I civili, testimoni di quella guerra che sta distruggendo tutto il loro mondo.

“I sopravvissuti si chiamavano per nome ma i più erano già freddi, come la neve, come la steppa.” Tra i tanti giovani che don Aldo accoglie anche un ragazzo bergamasco del paesino di Ganda di Aviatico, Altopiano Selvino Aviatico, Orobie Bergamasche. Ha 21 anni. Si chiama Marino Martinelli.  “Un altro grave caso di peritonite. I professori della Formazione Chirurgica Mobile tengono un consulto, un tentativo in extremis di salvargli la vita.”

Muore dopo cinque giorni di agonia, il 29 ottobre 1942. Non aveva sparato neppure un colpo. Il suo ultimo pensiero fu per la sua mamma, che lo aspettava al paese, nella casa vicino alla chiesa. Per il suo papà che non avrebbe più aiutato nel fieno.

L’alpino Martinelli Marino

Presto la gente cesserà di occuparsi dei fatti di Russia. Nella steppa di noi non rimarrà più nulla. Soltanto i morti dei cimiteri di guerra.” Il 19 dicembre 1942 a Kantemirovka, nell’ansa del Don, esplode l’apocalisse. I carri armati russi invadono ogni angolo della città e i reparti tedeschi, italiani, rumeni e ungheresi si disperdono nella steppa, senza idee e senza equipaggiamento. Braccati dalla fame, dal gelo, dalla notte, braccati dalla morte.

Ho visto: ma è giusto che le mamme sappiano quello che è successo ai loro figli?”