La chiesa di San Fermo e Rustico a Grignano e la sua lunetta dei Leoni ritrovata

La chiesa di San Fermo e Rustico a Grignano e la sua lunetta ritrovata dei leoni

Era il 18 maggio 1983, quando si ultimarono gli interventi sulla facciata della chiesa di San Fermo e Rustico in Bedesco, a Grignano, frazione di Brembate Sotto. Proprio quel giorno l’impresa Pandini di Bergamo liberava dalle impalcature la facciata dell’antico tempio romanico risalente al XII secolo e si preparavano i festeggiamenti per l’inaugurazione solenne in programma di lì a pochi giorni, sabato 21 maggio.

Grazie all’interessamento del Lions Club Colleoni  e con il coordinamento dell’ingegner architetto Gianmaria Labaa, non solo era stato possibile sistemare la facciata e completare il restauro su tutte le superfici esterne della chiesa, ma anche effettuare un recupero di rilevante importanza nella storia dell’edificio e delle testimonianze dell’architettura romanica nell’Isola Brembana. Un recupero consistente in una  lunetta romanica scolpita sopra il portale della chiesa, pesante più di 8 quintali, rimossa 400 anni fa e sistemata, non si sa per quali vicende, nella facciata di una casa privata di Grignano.

Una lunetta di estremo pregio, raffigurante due leoni rampanti, un leone e una leonessa (si riconoscono dalla criniera riccioluta del maschio a sinistra), che forse rappresentano Fermo e Rustico, patroni della città martirizzati a Verona il 9 agosto del 304. In mezzo una palma, simbolo di martirio oppure l’Albero della Vita. Fino al XVII la chiesa era intitolata solo a San Fermo,  a cui si aggiunse il compagno Rustico.

Nei giorni precedenti il termine del  restauro, grazie all’interessamento del sindaco di Brembate Sotto Giacomo Maggioni e del vice sindaco Romano Paganelli e alla piena disponibilità della proprietaria dello stabile di Grignano dove da secoli la lunetta era collocata (signora Margherita Brusatti Ratti) l’importante scultura era così ritornata al suo posto sopra il portale della chiesa.

 

Un’operazione delicata, estremamente vulnerabile, molto impegnativa. Operazione resa possibile grazie alla collaborazione dell’Impresa Pandini e all’abilità del personale dell’impresa stessa, che aveva reclutato i suoi muratori più capaci, specializzati in questo tipo di lavoro.

La notizia del completamento del restauro del bel tempio romanico suscitò vivo interesse tra studiosi e appassionati. Al punto da pubblicare su L’Eco di Bergamo un articolo, che immortalava alcuni dei muratori dell’Impresa nell’atto di sollevare la lunetta.

Fu da considerarsi un evento molto raro il ripristino della lunetta dei Leoni romanica, la cui ricollocazione consentì di ricomporre, nelle sue caratteristiche originarie, la facciata, dopo un periodo di abbandono e di degrado.

IL RITORNO

La chiesa, posta sul confine tra Grignano e Brembate, località Marne, appare allo sguardo armoniosa ma timida, in un contesto di campagna. Cascine diroccate e scorci di mura di cinta raccontano l’epopea di un tempo legata alla vita dei campi. La chiesa era infatti inserita in un nucleo rurale nato con essa, e fino al 1900 vi si accedeva solo percorrendo un antico sentiero tra i campi, oggi abbandonato.

La sua origine, tra il 1118 e il 1125, la colloca come punto di sosta lungo antichi percorsi intorno all’anno Mille. Una serie di stalle e fienili erano addossati alla facciata della chiesa, case coloniche, forse retaggio di un antico chiostro, cascine ed edifici rurali oggi ridotti a ruderi.

Sulla facciata destra un piccolo tabernacolo con tettuccio testimonia una antica tomba, forse del fondatore, o del primo prevosto – eremta che vi abitò. Anche l’orientazione astronomica mostra un arcaico progetto risalente a epoche lontanissime. La forma squadrata colpisce per la torre che si eleva a protezione della cupola sovrastante il presbiterio. La muratura è saldamente rinforzata da ciottoli di fiume, portati dal Brembo. Nel  suo impianto antico vi era anche una serie di mura di cinta e feritoie a scopo difensivo.

Nel corso dei secoli son state chiuse le primitive aperture, essendo cessato il periocolo di invasioni e calamità, per agevolare l’ingresso dei fedeli. Rimane, visibile, l’impronta della porta laterale destra che testimonia  l’antico impianto architettonico. Dove un tempo era situata la stanza del romito, cioè dell’eremita che fungeva anche da custode, si è ampliata la navata. All’interno, un delicato abside circolare è abbellito da una pala d’altare barocca.  Si possono ancora ammirare gli affreschi risalenti all’anno mille.

 

    

Ma la vera protagonista è lei, la lunetta romanica restaurata quasi 40 anni fa, che sembra risplendere dall’alto del portale d’ingresso.

Siamo giunti da Aviatico quasi in pellegrinaggio, in questi primi giorni di un agosto afoso e secco. Ma il caldo non ci scoraggia. Scopriamo che la chiesetta è aperta, perchè sono iniziati i festeggiamenti per i due patroni, Fermo  e Rustico. Alcune persone ci si fanno intorno con una punta di curiosità. Non capita spesso che vengano a visitare la chiesa di San Fermo e Rustico.

Ci accoglie il sagrestano, signor Tiziano, che qui è cresciuto e ha visto il mutare delle stagioni e delle opere dell’uomo. Funge anche da guida e divulgatore e noi lo ascoltiamo volentieri. Ma lo scopo della nostra visita è subito chiaro.

Oliviero era uno dei muratori dell’Impresa Pandini, immortalato nell’articolo de L’Eco di Bergamo di quel lontano 18 maggio 1983, che ha portato con sè e che mostra con commossa delicatezza. Lui è ritratto in primo piano, a sinistra, in maglietta chiara, che segue assorto e concentrato le manovre di innalzamanto della lunetta dei leoni. Aveva solo 28 anni e proprio 10 giorni prima era diventato papà per la prima volta. Aveva sentito sulla pelle e nel cuore tutta la responsabilità del trasportare, con attenta cura, e poi posizionare nella sua alcova originaria, la preziosa lunetta romanica.

Ed è così che oggi, proprio in occasione della festa dei patroni Fermo e Rustico, dopo ben 39 anni, Oliviero, uno dei muratori dell’ex Impresa Pandini, ha potuto ritrovare la “sua” lunetta, ancora ben posizionata sul portale d’ingresso. La commozione ha preso il sopravvento, e i ricordi di quei mesi di fatica e indefessa passione,  hanno sciolto i lacci del silenzio e si sono mostrati lucenti di sogni e speranze, intatti nel tempo.

Erano stati mesi faticosi, difficili. Le impalcature impiantate con estrema attenzione, ma anche con difficoltà, non dovevano in alcuno modo intaccare o scalfire l’edificio antico, né appoggiarsi assolutamente alle superfici esterne della chiesa. Il restauro e il consolidamento delle pareti di ciottoli di fiume dovevano essere delicati ma fermi, tutti i ciottoli sistemati con precisione millimetrica e inseriti in totale sicurezza. Anche per l’uso della malta era necessaria la supervisione della sovraintendenza dei beni culturali. Una malta particolare, adatta al tempio romanico, controllata perfino nel colore, nella densità, nella permeabilità. Oliviero sentiva gli occhi puntati addosso, occhi che seguivano con continua supervisione il proseguire dei lavori.

I ragazzi della squadra avevano portato con sé la “schisceta” da consumare sul posto, seduti all’addiaccio in terra o seduti sui mattoni, tra tubi, tralicci, blocchi di pietra, carriole e cazzuole. Era sopraggiunta una donna del posto, la Rosina, vero nome Rosalinda Arzuffi, che abitava proprio a ridosso della chiesa, e aveva una fattoria. Aveva ingiunto ai ragazzi di seguirla, avrebbero mangiato da lei, nel suo cortile, al suo tavolo, sotto il suo pergolato. Un piatto caldo di pasta e un buon bicchiere di vino. Non li avrebbe lasciati mangiare in terra, come le galline. Rosina continuò ad occuparsi dei ragazzi della Pandini fino al termine dei lavori, come una chioccia con i suoi pulcini. Una donna di estrema generosità, che rimase nel cuore di Oliviero come un ricordo dolce di una giovinezza di fatica ma anche di orgoglio.

Ed ecco che dal cancello di casa Arzuffi giunge il figlio di Rosina, Alessandro. Si riallacciano le storie, rinascono pagine rimaste a lungo chiuse nel cassetto. Tanti anni sono passati, ma nel segno della collaborazione e della Memoria, ogni racconto ritrova la sua pagina. Davanti alla vecchia chiesa è come ritrovarsi tra amici di cui si era persa la fisionomia, ma a pelle ci si è riconosciuti. Un tempo giovani ragazzi pronti ad afferrare  il vento. Oggi pensionati che non hanno dimenticato le proprie radici. Montagna e pianura si sono incontrati in un unico destino.

La mattinata scorre dolce e commovente. Poi tappa al cimitero per salutare Rosina, scomparsa pochi mesi dopo l’inaugurazione della lunetta, nel novembre 1983, a soli 61 anni. Infine, tra saluti e ringraziamenti, siamo pronti a ritornare in montagna, ad Aviatico. Con un ricordo in più. Con una commozione in più. L’orgoglio di Oliviero è palpabile. Il sapere di aver fatto il proprio dovere. Di aver operato al meglio. Di aver lasciato un segno in una comunità. Forse non ritornerà più a Grignano, ma la “sua” lunetta dei Leoni sarà sempre là, simbolo di coraggio, di lealtà, dati da due giovani soldati cristiani, ma anche di operosità tutta bergamasca.