Il silenzio degli abitanti salvò le famiglie ebree dai nazisti, la storia in un libro

Il silenzio degli abitanti salvò le famiglie ebree dai nazisti

Reportage di Tiziano Ivani per il quotidiano Il Secolo XIX

Il Secolo XIX, l’articolo di Tiziano Ivani

“Nessuno conosceva questa storia. Mio padre e mia madre la raccontavano a me e ai miei fratelli, ma non era mai uscita dalle mura di casa nostra. Gli abitanti di Ama hanno continuato a tenere il silenzio, come se volessero proteggerci ancora, a decenni di distanza dai rastrellamenti nazisti. Li ringrazierò per sempre, senza di loro oggi non sarei qui”.

Il paesino di Ama, Orobie Berganasche, sotto le neve

Roberto Iachia era uno splendido bambino di appena un anno quando con la sua famiglia, di origine ebraica sefardita, fuggì da La Spezia per nascondersi sotto falso nome in una casa immersa nel verde di Ama, paesino di novanta anime sulle alture della Bergamasca.

“C’erano i miei genitori e i miei tre fratelli Mario, Elsa, Sergio. Ma ad Ama si erano rifugiati anche altri ebrei, tre famiglie. Noi avevamo cambiato nome: anziché Iachia, ci facevamo chiamare Leone o Sbrana”. La storia della sua famiglia oggi è svelata dal libro “Un rifugio vicino al cielo”, scritto da Aurora Cantini, che ha scoperto il coraggio “dei giusti di Ama”, i cittadini di una frazione di Aviatico che tra il 1943 e il 1945 diedero rifugio agli Iachia e ai Lascar, che vivevano tra Genova e Torino.

UN RIFUGIO VICINO AL CIELO, la storia delle famiglie ebree salvate dagli abitanti di un intero paesino delle Orobie Bergamasche

“Tra poco compirò 79 anni, uno dei miei fratelli maggiori, Sergio, è ancora vivo, sta a Milano. Ho avuto una bella vita: mi sono sposato due volte, ho avuto quattro figli, dei nipoti. Per anni ho gestito una pellicceria, qui a La spezia, che ha dato lavoro a tante persone. E pensare che dovevo finire in un campo di concentramento. Grazie al coraggio degli abitanti di Ama però il mio destino è cambiato. Ovviamente ero troppo piccolo per ricordare qualcosa, ma rivivo quei momenti nei racconti dei miei genitori, Ernesto e Andreina. Finimmo ad Ama quasi per caso. Stavamo fuggendo in Svizzera per non essere catturati dai nazisti, ma una volta arrivati sul confine il passeur non si presentò. Così fummo costretti a tornare indietro e ci fermammo ad Ama. Mio fratello è ritornato qualche tempo fa nella casa dove abbiamo vissuto due anni, si ricordava ancora la cucina, anche se all’epoca pure lui era piccolo”.

Il ritorno di Sergio Iachia nella casa dove visse due anni dal ’43 al ’45

Roberto non ha mai rivisto nessuno delle persone che aiutarono la sua famiglia tranne una, don Modesto Gasperini. “Dopo la guerra un giorno venne a trovarci a La Spezia, successivamente stette vicino anche ad un mio nipote, che venne ricoverato all’ospedale di Bergamo in seguito ad un brutto incidente stradale. Ma con gli altri non ci fu mai occasione. Oggi sono contento che emerga tutto, è giusto raccontare e denunciare, mi rendo conto che l’antisemitismo può essere contrastato soltanto così”. (Fonte Tiziano Ivani per Il Secolo XIX)