Il Passo Giovo di Marco Pantani
Il Passo del Monte Giovo ha una altitudine direi eccezionale, 2100 metri. Per raggiungerlo bisogna superare 23 tornanti disposti su 39 chilometri di vera arrampicata, seppur su una carreggiata agile e ampia, costruita più di 100 anni fa. È situato sullo spartiacque che collega Vipiteno a Merano. Si sale prendendo verso la Val Ridanna e poi svicolando a sinistra verso val Racines. Tornanti infiniti, boschi fitti che improvvisamente lasciano il posto a scoscesi dirupi, prati degradanti quasi a picco sul fondo valle.
Ma oltre alla sua spettacolare vista sulla Valle Isarco e la Val Passiria, Passo Giovo è emotivamente e indelebilmente un Passo del cuore: è stato proprio sugli ultimi tornanti del passo che un giovanissimo Marco Pantani dava un poderoso colpo di pedali e staccava il gruppo, iniziando a volare verso le nuvole. Era il Giro d’Italia del 1994, una micidiale tappa di montagna, con partenza da Lienz, in Austria, e arrivo a Merano.
Il 4 giugno, 14^ tappa. Marco Pantani, sconosciuto al grande pubblico, fu autore di una fuga memorabile e vinse a Merano in piena solitudine a braccia alzate, dopo aver percorso anche una pericolosa discesa sotto la pioggia battente. Fu la sua prima vittoria da professionista. Il giorno seguente conquistò l’Aprica. Seguiranno 10 anni di pura leggenda. Fino a quel drammatico 14 febbraio 2004.
La sosta sul Passo Giovo è unica. Nel pittoresco Rifugio Stella Alpina si possono gustare le torte più buone e le porzioni più grosse che un goloso possa mai aver immaginato di vedere. I motociclisti, in tute mimetiche e scafandri quasi da alieni, giungono a torme fitte. Schiere di bolidi a due ruote, colonne di mastodontiche cilindrate. Lingue diverse e diversi approcci. Vichinghi, barbe rosse, colossi biondi in lucidi anfibi, tatuaggi e treccine, occhiali a specchio e bandane.
Chi parte, chi arriva, chi sosta, chi scatta foto, chi sgranchisce le gambe. Qualcuno si arrampica fino al cippo più alto, e da lassù sogna pensando al Pirata, alla vita, all’infinito girovagare dell’uomo. Mentre sotto il costone le minuscole figurine dei centauri si muovono frettolosamente amalgamando nazioni, stati, genti, storie, dialetti, linguaggi, amicizie, scoperte, ritorni, partenze. Il mondo intero nella sua variegata e variopinta diversità si mescola, si scioglie, si riannoda e si confonde, per poi separarsi e prendere strade diverse. Sguardi che si incrociano, strizzatina d’occhio, cenno del capo.
Poi ognuno risale a cavallo del mastodontico compagno a motore e via! A inseguire nuovi sogni, seguendo nuove rotte, nuovi percorsi, viaggi desiderati, organizzati da tempo, agognati, o improvvisati. Planando giù, verso Merano, verso un ritorno, o verso la libertà. Cosa custodiranno nel cuore? Quali saranno i loro pensieri? Quanti dolori nasconderanno dietro gli occhiali a specchio? Quale sarà il loro destino?
Una placida mucca si avvicina al bordo strada, incurante del rombo dei motori, della caciara umana. Un montanaro porta la mandria al pascolo e, quieto, si siede su un masso e sorveglia la montagna.
Compie riti e faccende immutati da secoli. Scanditi dalle stagioni. Regolari, conosciuti. Tornerà la neve, qui, a 2100 metri sulle Alpi dell’Alto Adige. I motociclisti si fermeranno. Il mandriano no. Lui scenderà di poco, sotto la linea della neve. E, quieto, attenderà la primavera. E i motociclisti in fuga.
PANTANI A PLAN DI MONTE CAMPIONE