COSA È RIMASTO DI QUESTO CENTENARIO DELLA GRANDE GUERRA?
Sta per concludersi il triennale di ricorrenze ed eventi per ricordare il Centenario della Grande Guerra. In questi tre anni vi è stato un fiorire e sovrapporsi di eventi, libri, conferenze, dibattiti, inaugurazioni, elogi e spettacoli, canti e memorie. Sfolgoranti, epici, gloriosi. Epocali. Bandiere che barriscono al vento gagliarde e splendenti. Labari e gagliardetti a vessillo di cuore e pensieri. Autorità istituzionali e associazioni, gruppi e comitati, tutti a celebrare. Tutti a mostrare il proprio pezzo di Centenario.
Sta per concludersi questo numero nel cammino dell’Umanità e non so perché ma io sono triste. Cosa mi è rimasto di questo Centenario?
Cosa ci è rimasto davvero di UNICO, di veramente NOSTRO, di questo Centenario?
I ragazzi di Cento anni fa continueranno a riposare nel silenzio dei loro loculi sperduti negli immensi e possenti Sacrari, moltissimi di loro continueranno a dormire coperti dal ghiaccio eterno e profondo, tanti continueranno ad imbiancarsi in poche ossa tra le rocce degli Abissi.
Di quei milioni di ragazzi non si parlerà più, come non se ne è parlato prima del 2015, tranne nei doverosi giorni istituzionali. Di quei milioni di ragazzi si dimenticherà ogni lettera, ogni nome, ogni data, se non uno sguardo veloce e una breve lettura sostando sui grandini di uno qualsiasi dei monumenti eretti in ogni paese e in ogni città, mentre ci si siede in una pausa della visita guidata al centro storico.
Si chiuderanno i libri che riportano cronache minuziose di battaglie e di fatti di armi. Libri che fino al 2015 la maggior parte delle biblioteche neppure più ricordava di avere, sepolti in un angolo remoto degli altissimi scaffali.
Tutto ritornerà normale. Quieto. Con solo qualche pensionato appassionato di ricerche storiche locali a caccia di nomi sbiaditi o di fogli matricolari abrasi e consumati, quasi illeggibili.
Tutto ritornerà regolare. Feste di paese e cerimonie, corone di alloro e discorsi. Bandiere appese. Prima di riprendere il chiacchierio e l’impellenza dei problemi. Quelli veri. Perché quei milioni di ragazzi di Cento anni fa sono morti da tempo. Passati.
I Sacrari si sgretolano, i sentieri di montagna spariscono, i musei faticano a rimanere aperti.
Eppure nelle buone intenzioni questo Centenario DOVEVA SERVIRE dare una spinta alla conoscenza, allo studio, all’apertura di quella porta sul mondo che è la nostra Vita. Perché noi siamo quei ragazzi di Cento anni fa. Nei nostri tendini e nelle nostre ossa, nel nostro sangue e nei nostri lineamenti. Nel nostro pensare e agire. Eppure non lo ricordiamo. Non interessa a nessuno saperlo.
Perché?
A cosa è servito questo Centenario?
A me personalmente questo Centenario è servito solo a capire che di quei ragazzi non gliene importa niente a nessuno. Io ho avuto 5 prozii, i fratelli di mia nonna Angelina, i fratelli Carrara. Ma mai una volta che mi avessero chiamato a raccontare la loro storia.
Un libro dedicato ai bergamaschi fratelli Carrara nel Centenario della Grande Guerra