Al grande Caprioli e ai reduci di Russia una poesia

Al grande Caprioli
e a tutti i reduci di Russia
dedico una poesia

Leonardo Caprioli Bergamo News

Di tutte le adunate viste in tv mi rimarrà impressa quella di Bergamo del 2010. Non c’entra nulla il fatto che sia bergamasca, e quindi di parte, ma io porterò sempre negli occhi il volto di un uomo. O di mille uomini. Ciò che non dimenticherò è la velata, leggera e fragile figura dei reduci, colorati di beige, del colore delle pagine dei libri antichi e preziosi, evanescenti come sabbia in una clessidra.
In particolare non dimenticherò il presidente Leonardo Caprioli mentre si ergeva sulla jeep e si portava la mano alla fronte per il saluto militare. Ancora e sempre ancorato a un gesto di rispetto e umiltà. Quell’uomo, a cui di diritto spettava ogni riconoscimento e tributo, ancora si inchinava, non ritenendosi al di sopra degli altri. Ho subito pensato ad un altro uomo di quello stampo, Papa Giovanni Paolo II, davanti alle oceaniche folle, a Tor Vergata con i suoi giovani, al davanzale della sua sofferenza, sempre aggrappato al mondo, alla sua gente.

Adunata Alpini a Bergamo, 2010, la poesia

Il presidente Leonardo Caprioli se ne è andato il 3 luglio del 2013, a lui vorrei dedicare la seguente poesia («Scarponi e gavette sulla strada del passo») e con lui a tutti coloro che sono ritornati portando nel respiro e nel cuore, come un gemello mai nato, il respiro e il cuore dei tanti amici lasciati nel vento della steppa. Non dimentichiamoli.

La ritirata di Russia

SCARPONI E GAVETTE SULLA STRADA DEL PASSO

Son tornati, i nostri padri,
dalle fredde steppe del nord
portando con sé
il gelo del giorno che muore
e il sogno infranto di occhi ormai spenti.
Son tornati caricando a braccia le ultime gavette e gli scarponi incrostati dalle lacrime fattasi ghiaccio sul tratturo ai lati della pista.
Son tornati cullando tra le pieghe del pastrano le lettere scritte di coloro che hanno affidato l’anima e la croce a chi potesse valicare il passo.
Soldati divisi a metà
spezzati sullo scudo caduto
esposti come foglie
al ghermire dell’autunno.
A volte una tremula mano
accarezza lieve il vento
e poi sale a lambire gli occhi.
Non sono mai
veramente tornati da noi.

(Aurora Cantini)