28 GIUGNO 1914, quella scintilla a Sarajevo che divampò nel fuoco devastante della Prima Guerra Mondiale

28 GIUGNO 1914,

quella scintilla dell’attentato a Sarajevo

che divampò nel fuoco devastante

della Prima Guerra Mondiale

 La scintilla di Sarajevo

28 giugno 1914, Attentato di Sarajevo
28 giugno 1914, Attentato di Sarajevo

Una data, il 28 giugno 1914, che pochi ricordano. Una data che è passata in secondo piano rispetto alle tante battaglie, ai tanti fatti d’armi, ai tanti episodi di insuperabile valore che diedero eterna fama alla Grande Guerra.

Una data che pochi ricordano, che nessuno ha segnato.

Eppure quel giorno mite di giugno, nell’accogliente città di Sarajevo, ricca di storia con i suoi monumenti e architetture, rappresentò in modo silente e nascosto un nuovo inizio, uno spartiacque tra due mondi, e dal suo tepore si innescò una fiamma che bruciò devastante polverizzando il mondo intero, bruciando nel suo fuoco distruttivo 10 milioni di ragazzi, di giovani soldati, quasi 6 milioni di civili innocenti.

Una pira funebre colossale, che ghermì storie e lacrime, pagine e ricordi, volti e pensieri come un Sacrificio immane ad un Dio sconosciuto e terribile.

In quella tarda mattinata, a lato di una via laterale del lungofiume, circondata da alte cancellate su giardini fioriti, un ragazzo, uno studente serbo come tanti, tale Gavrilo Princip, di 19 anni,  colpì mortalmente l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono dell’Impero, e sua moglie Sofia, in visita alla città nel loro anniversario di nozze. Due colpi di pistola, due destini tracciati. E poi il buio calò sull’Europa e sulla geografia dei continenti. Esattamente un mese dopo, il 28 luglio 1914, l’Austria-Ungheria dichiarava guerra alla Bosnia.

Quel 28 giugno di cento anni fa saettò come una spada tagliente sull’ombra di tante e tante inconsapevoli anime, che da quel momento ebbero i giorni segnati. Per loro, quasi 16 milioni, cominciò il conto alla rovescia che avrebbe cancellato per sempre il loro respiro come una pagina mai scritta.

Tra di essi, 4 fratelli, i miei prozii, 4 ragazzi di montagna, Celestino Elia, Giovanni, Fermo Antonio e Enrico Vittorio Emanuele Carrara, che quella mattina del 28 giugno 1914 erano nei campi sui pendii intorno alla contrada di Amora Bassa, Altopiano di Selvino Aviatico, montagne bergamasche, impegnati nella fienagione, oppure stavano lavorando in qualche cantiere edile nei dintorni come muratori. Il cielo era azzurro, sempre lo stesso di ogni giorno, l’aria leggera, polverosa di fieno, il vociare dei compaesani cullava il ritmico muoversi delle braccia forti di gioventù. Neanche sapevano che esistesse la parola “Sarajevo”. Tutto era lontano, indescrivibile, un altro mondo.

Avranno alzato lo sguardo? Avranno percepito il cambio del vento? La bufera in arrivo? Avrà  mai immaginato Fermo Antonio che sarebbe morto di lì a due anni, in una torrida giornata d’agosto, a 20 anni a nord di Caporetto? O Enrico Enrico Vittorio Emanuele che avrebbe seguito il fratello e anche lui a 20 anni sarebbe caduto un anno dopo, nella decima battaglia dell’Isonzo? O Giovanni, che non avrebbe più potuto salutare i due fratellini più piccoli e anche lui avrebbe cessato di vivere quattro anni dopo, nella Guerra Bianca dell’Adamello?

Avrebbero mai immaginato che sarebbero tutti Caduti al Fronte o Combattenti senza poer tornare a casa per 41 mesi?

Avrà mai immaginato il maggiore di tutti e i fratelli, Celestino Elia, muratore in Francia in quel giugno del 1914, che sarebbe stato richiamato alle armi? La guerra l’avrebbe lasciato tornare a casa, disperato e ferito gravemente, distrutto nel fisico e nell’anima. Avrà mai immaginato che avrebbe dovuto raccogliere la drammatica e tragica eredità dei 3 fratelli mai più ritornati a casa?

PER APPROFONDIRE

Per scoprire la storia dei miei 4 prozii Carrara, Combattenti nella Grande Guerra

Voci e volti dal Fronte

e anche

 I quattro fratelli Carrara, Combattenti

 L’ARTICOLO

L'Eco di Bergamo
L’Eco di Bergamo

LA POESIA

SAN MARTINO DEL CARSO,

di Giuseppe Ungaretti

Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato.

(Giuseppe Ungaretti)

IL VIDEO

https://www.youtube.com/watch?v=YzjCpUDwEro

Amora di Aviatico, Altopiano Selvino Aviatico, e la chiesa a mezza costa
Amora di Aviatico, Altopiano Selvino Aviatico, e la chiesa a mezza costa