VENEZIA, reportage poetico-fotografico nel cuore del Carnevale

VENEZIA,

reportage poetico – fotografico

nel cuore del Carnevale 

donna dietro la maschera

LA POESIA

CARNEVALE 

A volte siamo come

 minuscoli coriandoli, 

rattoppati di giorni dai mille colori, 

nascosti al cuore, 

sperduti come bambini,

chiusi dietro maschere, 

protetti dalle mura del nostro vivere. 

Non lasciamo impronte,

se non sulla pelle come ferite aperte. 

Non lasciamo parole,

se non come coriandoli al vento. 

Piccoli Arlecchini sconosciuti a noi stessi.

(Aur Cant)

arlecchina

LA MIA RIFLESSIONE

Venezia nei giorni del Carnevale è un cuore di gioia proteso sul mondo, una porta che dà sulla vita, uno scrigno di stoffe pregiate, perché a Venezia il tempo, a Carnevale, si veste dei suoi abiti migliori e sfida la nebbia e l’offuscare dei giorni, per giungere fulgido e indomito oltre la cortina del passato.

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Venezia 2009

A Venezia protagonista è  “La Commedia dell’Arte”, un teatro a cielo aperto, oltre la laguna placida e cheta. Rivive la Storia, a Venezia, pagine non scritte cucite addosso come una seconda pelle, pergamene e manoscritti di passato freschi d’inchiostro da leggere nel dipanare delle ore, lungo le calle e i carrugi, sotto i ponti sospirati, tra i pontili della Riva, dietro i portoni delle piazzette, sulle gondole addormentate, attraverso i canali sinuosi, sotto i Mori adombrati.

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Avanza il doge, la corte veneziana, le dame incipriate, i cavalieri e i maestri d’arte, palpitanti ed ebbri di feste perdute, lontani eppur vicini a noi con il rosso dei corsetti, l’ermellino delle stole, il nero delle maschere. E noi, attori del quotidiano giorno, per un istante tendiamo la mano al tramontato ieri, un groppo di malinconia che pare una lacrima, piccoli Pierrot o Arlecchini visti in uno specchio,“sconosciuti a noi stessi”.

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4 Risposte a “VENEZIA, reportage poetico-fotografico nel cuore del Carnevale”

  1. Il carnevale non mi è mai piaciuto. Da bambina mi facevano indossare un abito da paggio in velluto blu.Lo detestavo e credo di non aver avuto più nessun abito di quel tessuto e di quel colore.
    Non mi è mai piaciuto “andare in maschera” e neppure dovermi divertire per forza perché è carnevale.
    Trovo ci sia già troppa gente che ogni giorno indossa una maschera per non farti capire i suoi veri sentimenti ed anche troppa gente che prende tutto alla leggera, come se fosse un carnevale perenne.
    Però quando vedo i bambini che lanciano coriandoli e suonano trombette o vedo passare i grandi carri colorati allora sì, sorrido, perché è allegria genuina.
    Luciana

    1. Cara Luciana, mascherarsi, giocare con i ruoli, nascondersi alla luce, è quasi un imperativo per l’uomo d’oggi. Dovremmo ritornare un poco bambini per ritrovare le lealtà perdute, giochi mascherati dove le maschere erano solo decorazioni da strappare via, per giocare più liberamente. Con affetto, Aurora

  2. Anche a me il Carnevale ha lasciato sempre un’ala di tristezza, come pure sfilare per le vie del paese, io avevo il solito vestito da “contadinella” recuperato con le vesti di casa, che era pressoché uguale ogni anno, ma soprattutto detestavo la maschera sul viso, non ho mai voluto indossarne una, mai. Come ho scritto nella poesia, spesso siamo come “Arlecchini, sconosciuti a noi stessi”. E tu dici bene, cara Luciana, troppi ormai indossano mschere per non far capire la propria vulnerabilità, il proprio vivere imperfetto. C’è un solo luogo che mi piace anche a Carnevale, è Venezia.

    1. non ci crederai…..
      leggendo il tuo commento mi sono ricordata che una volta cresciuta e abbandonato finalmente il vestito da paggio (probabilmente un regalo fatto ai miei genitori da persone più abbienti di noi) anch’io ho avuto la mia gonna da contadinella. Ho ribaltato gli armadi ed eccola qui…..mi sono commossa ripensando alla mia infanzia tanto felice e spensierata, che auguro oggi a tutti i bambini del mondo!

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