Sciesopoli Selvino,
quel palazzo dove i bambini
di ogni tempo
e di ogni luogo
ritrovarono la libertà e il gioco
bRANI E FOTOGRAFIE TRATTI DAL LIBRO “nEL CUORE DI sCIESOPOLI” DI aURORA cANTINI.
Lungo le stradine avvolte dal verde e contornate da fiori di campo, proseguendo verso la Valle Brembana, un tragitto si inerpica tra le zone collinari dell’altopiano di Selvino Aviatico.
Silenzio intorno e cinguettio di uccelli, stormir di foglia e sussurrare di brezza. Appare una cancellata aggrovigliata ai vitigni e lo sguardo si allarga su uno spiazzo aperto aggredito dall’erba selvatica, “Sciesopoli”.
Il Palazzo prese il nome del patriota milanese del Risorgimento Antonio (vero nome Amatore) Sciesa, calzolaio, condannato a morte dagli austriaci nel 1851 per aver affisso in Milano proclami di rivolta. I gendarmi austriaci mentre lo portavano al luogo della fucilazione lo fecero passare sotto le finestre di casa per indurlo a rilevare i nomi dei suoi compagni in cambio della vita. Ma egli disse “tiremm innanz”, cioè “tiriamo dritto”.
Una volta completato, l’edificio fu intitolato a due giovani Caduti del Regime: Emilio Tonoli e Cesare Melloni. Rispettivamente di 22 e 25 anni. Appartenevano alla Squadra da Combattimento “Antonio-Amatore Sciesa” e morirono il 4 agosto 1922 durante le azioni contro la tipografia dell’”Avanti!” a Milano.
Venne istituita la Fondazione Tonoli e Meloni, che acquisì la proprietà con terreni e fabbricati da parte della Società Immobiliare Selvino. Venne così decisa la costruzione di un edificio a padiglioni, con 17mila metri quadri di parco.
Il progetto fu un desiderio delle autorità milanesi del Partito, con l’attivo interessamento del fratello del Duce Benito Mussolini, Arnaldo.
Il tutto nell’ambito delle iniziative dell’ONMI (Opera Nazionale Maternità Infanzia, istituita nel 1925) volte ad “allevare sane e forti le nuove generazioni”. Lo scopo era offrire ai giovani Balilla, alle piccole Figlie della Lupa e alle Piccole Italiane (la Gioventù Italiana Littorio) la possibilità di respirare aria salubre e fortificare il corpo, la mente e lo spirito in una colonia estiva montana.
Iniziarono i lavori, assumendo come muratori gli uomini dei due paesi dell’Altopiano, Selvino e Aviatico. L’11 giugno del 1933 avvenne l’inaugurazione, con un discorso pregevole e possente scandito dal balcone centrale.
Nell’atrio quattro enormi lastre in marmo recavano incisi i nomi di tutti i benefattori, privati e Associazioni dell’epoca, che contribuirono alle spese per la sua costruzione. Tra essi lo stesso Duce, che donò 5000 lire (pari oggi a circa 4500 euro), seguito dal nipote Vito Mussolini, che aveva perso da poco il papà Arnaldo. Ma contribuì anche “La Direzione e Personale del Teatro “La Scala” di Milano, oppure il cantante Tenore famosissimo all’epoca, Beniamino Gigli. E poi Emilio Turati, Carlo Feltrinelli, Jenner Mataloni e tanti altri famosi esponenti della società.
L’idea di Sciesopoli ha però origini precedenti. Il quotidiano “Il Regime fascista” del 13 giugno 1933 (visibile sul sito Sciesopoli.com) riporta che “Nel 1927 Luigi Franco Cottini [avv. Luigi Franco Cottini, fascista della prima ora] fece sorgere il primo padiglione della nuova “Sciesopoli” a Selvino col concorso anche manuale degli stessi squadristi della “Sciesa”; e Jenner Mataloni ha compiuto l’opera.”
Il maestoso e moderno complesso era formato da un edificio centrale, che svettava per la sua imponenza su tutta la vallata, e da padiglioni autonomi dai nomi riecheggianti, circondati da scalinate e sentieri nel verde parco: Dux, Fabrizio, Arnaldo, Tonoli e Melloni. A lato del cortile, sopra la lavanderia, c’era l’Infermeria, dove si trovava anche il Padiglione Isolamento, per scongiurare eventuali epidemie. Nello stesso Padiglione, denominato Arnaldo, al piano terra vi era la palestra, mentre nel Padiglione Dux c’era la piscina interna riscaldata, con docce e spogliatoi e al primo piano l’immenso salone cinema.
Al suo interno ampi saloni, tra cui il Salone Verde (creato nel 1963), per le attività ricreative, un refettorio con tavolate provviste di lunghe panchine in legno, una piscina riscaldata, sala cinema, biblioteca, magazzini, guardaroba, sala medica, sala radiografie, un piano adibito ad aule scolastiche, perfino un attico. I dormitori avevano le camerate da 60 letti in ferro dipinti di bianco dalla testiera arrotondata, a cui si aggiungeva un dormitorio più grande fornito addirittura di 90 letti.
I BAMBINI ORFANI DI SCIESOPOLI
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, dall’autunno del 1945 all’autunno del 1948, Sciesopoli divenne la “Colonia Ebraica”, come dicono i documenti “il più importante orfanotrofio in Italia, uno dei maggior in Europa”, e offrì ospitalità, rifugio e ritorno alla vita a circa 800 bambini ebrei orfani sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. Le organizzazioni partigiane ed ebraiche, che li avevano raccolti, li portarono lassù, per ritornare alla vita, prima di riprendere il loro viaggio e giungere finalmente in Palestina. Erano bambini perlopiù polacchi, ungheresi, rumeni, che nulla capivano della lingua italiana.
Qui i bambini ripresero a studiare, a creare, costruire piccoli manufatti, ad imparare, al fine di fornire loro ogni possibilità di intraprendere una vita dignitosa e autonoma.
Gli anziani del paese si ricordano ancora di quelle volte in cui, ragazzini del posto timidi e impacciati, venivano invitati ad assistere ad un film in compagnia dei piccoli della Sciesopoli. Dicono: “Non capivamo una parola ma per noi figli di contadini, abituati a lavorare duramente nei campi fin dall’età di 4 o 5 anni, era un divertimento puro, un paradiso.”
L’ISTITUTO CLIMATICO PERMANENTE DI SELVINO
La Fondazione Tonoli e Melloni continuò ad occuparsi dei bambini e affittò la colonia al Pio Istituto di Santa Corona di Pietra Ligure fino al 1954 che ci portava i malatini dell’ospedale in convalescenza. Venne denominato “Ospedale di Selvino”. La Fondazione ne diede gestione alle Suore Domenicane di Santa Caterina da Siena. Dal 1955 la Fondazione Tonoli e Melloni si fuse con altri cinque Enti che operavano nell’assistenza dando vita all’Opera Pia per L’Assistenza Climatica all’Infanzia.
Nasce l’Istituto Climatico Permanente di Selvino.
Da ottobre a giugno in collegamento con l’ONMI (Opera Nazionale Maternità e Infanzia, un ente assistenziale italiano fondato nel 1925 allo scopo di proteggere e tutelare madri e bambini in difficoltà, sciolto nel 1975) l’Istituto faceva parte del progetto “Colonie climatiche scolastiche montane” per i bambini disagiati e con difficoltà economiche. I Consorzi Provinciali AntiTubercolari di Milano, Como, Novara, Monza, Lecco davano il loro apporto con circa 1400 bambini all’anno, che a Selvino frequentavano la scuola materna ed elementare, anche rimanendo a Sciesopoli per tutti e tre i turni trimestrali, proseguendo su gran parte dei 5 anni di frequenza elementare.
Durante l’anno, ogni 3 mesi, salivano a Selvino ben 4 pullman che, partendo dalla stazione di Milano presso Porta Vigentina, portavano lassù oltre 200-300 bambini desiderosi di serenità e armonia. I turni partivano dal Primo ottobre al 23 dicembre. Si riprendeva il 7 gennaio (ma anche dal 30 dicembre) fino a fine marzo. Il terzo turno si concludeva verso il 18 / 20 giugno.
Nel 1978 arrivò la notizia a ciel sereno: l’Istituto sarebbe stato chiuso. Il Comune di Milano, pur non essendone proprietario, non intendeva più rinnovare la Convenzione con l’Istituto per le vaccinazioni antitubercolari permanenti.
Il 1979 passò senza eventi, l’Istituto venne aperto solo 3 mesi d’estate, ma per l’anno scolastico 1979-1980, divenne punto di attuazione del Progetto “Scuola Natura”. Era un’ambiziosa e moderna concezione della valorizzazione del territorio attraverso campus e settimane bianche invernali: lassù salivano a cadenza quindicinale educatori e studenti alla scoperta delle bellezze naturali delle Orobie Bergamasche. Ma tali progetti necessitavano di particolari attenzioni e impegni che ben presto risultarono troppo onerosi da sostenere per il Comune di Milano.
Negli anni successivi ospitò, oltre alle classi di Scuola Natura, anche alcune famiglie di profughi vietnamiti.
Tra i tanti che dormirono nelle camerate dell’Istituto anche i pazienti dell’Istituto Marchiondi. Era un Istituto Minorile per l’educazione di ragazzi difficili, basato non come riformatorio ma “scuola di vita”. Per la stagione 1982 – 1983 giunsero i bimbi emopatici, affetti da anemia mediterranea. Spesso accompagnati dal medico personale.
Salirono poi alcuni ragazzi di origine africana. Infine, tra il 1984 e fine estate del 1985 l’Istituto venne scelto dall’II.PP.A.B di Milano (Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficenza, che svolgono attività socio assistenziali) per soggiorni legati alla terza età.
Infine giunse l’inesorabile declino, che portò alla chiusura di Sciesopoli alla fine dell’estate del 1985.
Da allora cadde il silenzio.
IL RITORNO DEI BAMBINI DELL’OLOCAUSTO NEL 1983
Nell’agosto del 1983, quando ancora l’Istituto era attivo e funzionante, si verificò un evento straordinario. Per la prima volta ritornarono sull’Altopiano 66 di quegli 800 bambini ebrei ospitati dopo la guerra.
Ormai adulti, accompagnati dalle famiglie, ritrovarono i posti occupati da piccini, le camerate con i letti di ferro dipinti di bianco, candidi con il copriletto in tinta, il refettorio con le panchine su cui sedevano ordinati in attesa del cibo, i saloni dove tanto avevano pianto ma dove anche tanto erano stati amati.
A far loro compagnia e ad accudirli con amorevole sollecitudine le mitiche inservienti: Franca, Giuli, Loredana e Bea, la figlia di Battista.
OGGI
Sono entrata nell’enorme edificio vuoto in una giornata di gennaio limpida e soleggiata. Il tepore del pianoro intorno pareva risucchiato dal gelido respiro degli atri bui, spogli e squallidi. I dormitori non recano più voci di bambini, solo colonne desolate, che come soldatini ancora reggono l’enorme salone. Non ci sono più i lettini ordinatamente in fila, né i banchi di scuola, né piattini, né scodelle. Né tavolini, né panchette, nessun gioco, nessuna impronta se non quella del tempo.
La Sciesopoli, antica dimora di bimbi, oggi piange le sue solitarie lacrime dimenticate. Chiede solo di essere ascoltata, chiede solo di ritornare alla luce.
LA POESIA DEDICATA A SCIESOPOLI
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IL MUSEO MEMORIALE SCIESOPOLI EBRAICA -LA CASA DEI BAMBINI DI SELVINO-
Museo Memoriale Sciesopoli Ebraica-Casa dei Bambini di Selvino
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LE INIZIATIVE PER FAR RIVIVERE “SCIESOPOLI”
In questi ultimi anni Sciesopoli ha ritrovato una ribalta attraverso numerose inizitive di commemorazione che hanno visto attivarsi Associazioni, Istituti Scolastici, Comuni e Assessorati
Giornata della memoria: in una poesia il sorriso dei bambini ebrei di Sciesopoli Selvino
Lo scopo di questo mio lavoro personale di ricerca sulla storia di “Sciesopoli” è dare conoscenza e memoria, pertanto chiunque può attingere ad esso, VI CHIEDO PERO’ DI CITARE QUESTA FONTE. Infatti questo lavoro di ricerca sulla storia di “Sciesopoli” prima colonia fascista, poi colonia ebraica, infine colonia montana milanese ha richiesto da parte mia molto lavoro, molte informazioni cercate, molte ore di impegno, MOLTA FATICA. Ma non sarei riuscita ad ottenere questo risultato senza alcune persone che mi hanno raccontato: ringrazio caramente l’insegnante Luigina Cantoni per i commoventi ricordi della sua esperienza alla “Sciesopoli” come “maestrina”, portavoce di tante ragazze come lei, alcune delle quali, sposate, oggi vivono sull’Altopiano. Tutte le cartoline d’epoca sono state gentilmente concesse da Giuseppe Pino Bertocchi, appassionato e completo collezionista, il quale ha vissuto in prima persona una parte della vita della “Sciesopoli” come muratore e musicista della Banda. Ringrazio Adalgisa Cantini per i suoi ricordi di bambina, mai dimenticati. Mi ha detto “Vorrei entrare alla “Sciesopoli” ancora una volta” e ho capito il forte legame che ancora la lega a quel luogo. Un omaggio alla Maestra Angela Camozzi, scomparsa da alcuni anni, di cui mi sono permessa di riportare le toccanti parole pronunciate per la rivista “Gente”. Non ho vergogna a dire che ho pianto. Infine un caro saluto a lei, Bea, Beatrice Ghirardi, ex inserviente, oggi bidella alle Scuole Primarie del paese, che mi ha raccontato con precisa e vivida memoria una pagina così importante per l’Altopiano Selvino Aviatico e per tutta la terra bergamasca: sue le fotografie citate nel post. Suo l’articolo di “Gente” che narra del papà Battista Ghirardi e della piccola Nugne.