PAOLO E FRANCESCA,
una profonda e umana pietà
per i due amanti
simbolo dell’eterno conflitto tra morale e passione
-Visitando Santarcangelo di Romagna-
«Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui (Paolo) de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina (l’ultimo cerchio) attende chi a vita ci spense.» (cioè attende il marito Gianciotto, il loro assassino)
Dante Alighieri, Inferno V, 100-108
Nel secondo cerchio dell’Inferno, Dante e Virgilio vengono colti da una bufera incessante, che trascina come foglie, gli spiriti, percuotendoli e sbattendoli uno contro l’altro come marionette senza vita. Sono i “peccatori” vinti dalla passione carnale, e sono tanti. Virgilio ne nomina molti, tutti morti per amore. Poi, ecco, ne sopraggiungono due accostati vicini.
“Chi sono?” domanda. “Pregali e verranno” risponde il Maestro. E infatti le due figure si mostrano dove il vento tace. Sono Francesca, che racconta con voce flebile la propria tragica storia, e Paolo, il suo amato, che tace ma segue il racconto con occhi colmi di pianto. Per una volta Dante Alighieri è sopraffatto dalla pietà, e, sconvolto, cade come morto. L’Amore, chi potrebbe resistergli? Non perdona, non ammette dimenticanze, non permette a nessuno di non amare. Nessuna cosa è più dolce dell’Amore, e nessuna più tremenda.
“L’Amore”, dice Francesca, “quando lo sentiamo dentro di noi, è già Grande, immenso, e da quel momento in poi non c’è che lui nella nostra Vita.” La giovane donna vuole solo che si sappia che, oltre all’Inferno, in lei c’è lo strazio del disonore, che ancora la segue, per il tipo di morte che la cancellò al mondo, e che fece conoscere alla storia la sua colpa, senza darle il tempo di spiegare, di pentirsi.
«Noi leggiavamo un giorno, per diletto,
di Lancillotto, come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate (volte) li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
essere baciato da cotanto amante,
questi (Paolo) che mai da me non fia (sarà) diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.»
PAOLO E FRANCESCA, CHI ERANO
Francesca apparteneva alla famiglia dei Da Polenta da Ravenna, mentre Paolo era uno dei Malatesta da Rimini: il punto focale degli eventi storici è l’alleanza che si creò attraverso il matrimonio tra Francesca e Gianciotto, personaggio rozzo e poco avvenente. Secondo i documenti il matrimonio avvenne per procura, presente il rappresentante dello sposo, che fu proprio il fratello più giovane, Paolo. La giovane nobildonna sentì nascere nel cuore un palpito lieve, ma le cronache raccontano che Paolo era già sposato. Nel cupo castello di famiglia i due cognati vennero colti dalla passione, complice un libro sull’amore tra Lancillotto e Ginevra, che li trascinò in una spirale cupa e infausta, fino al terribile assassinio di cui fu autore il marito, avvertito da un servo della casa che aveva spiato i due amanti.
Eppure non vi è conferma di questo drammatico evento che ancora oggi avvince per la sua profonda e drammatica evocazione: la relazione così romanticamente presente e il duplice fatto di sangue furono messi a tacere, nei carteggi non vi fu traccia di quanto avvenuto. Anche il luogo dove avvenne il massacro rimane incerto: alcuni testi indicano il Castello di Gradara, altri La Rocca di Castelnuovo presso Meldola. Altri ancora identificano il Castello della tragedia nella Rocca Malatestiana di Santarcangelo di Romagna, come è scritto sugli opuscoli informativi per turisti.
IL REPORTAGE A SANTARCANGELO DI ROMAGNA
Cento anni dopo, sui resti originari, venne edificata una nuova Rocca, che venne ampliata e modificata dai discendenti Malatesta prima dell’arrivo di Cesare Borgia. Oggi la Rocca attuale è composta da un mastio antico circondato da un possente edificio con tre torrioni e una rete di fossati. Davanti a tale imponente e austera bellezza, il cuore segue struggente i muraglioni antichi e il pensiero vola ad una delle più evocate tragedie nate dall’Amore. Le mura solide e chiuse sembrano sussurrare ininterrottamente storie di passioni, e lamenti di giovane donna dietro le ricche bifore. Lassù, circondata dal cielo azzurro, Francesca guarda lontano, lungo la pianura, sempre in cerca del suo Principe.
VISITANDO SANTARCANGELO DI ROMAGNA
Santarcangelo di Romagna, posto al confine tra le province di Rimini e Cesena-Forlì, è situato sul Monte Giove, da cui prende il nome il vino “Sangiovese”. Circondato da possenti mura fin dal XI secolo, oltre ai numerosi monumenti e angoli storici di notevole pregio, tra cui il Museo del Bottone (con circa 10.000 bottoni storici), è nominato perché città natale dell’artista dialettale Tonino Guerra.
PER APPROFONDIRE
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