La guerra nemica giurata dell’infanzia e quei bambini con la valigia

La guerra, nemica giurata dell’infanzia, e quei bambini con la valigia

Aurora Cantini e il suo romanzo Il bambino con la valigia rossa

“Una Valle in lettura, gli autori incontrano i lettori” è la proposta culturale della Biblioteca di Piazza Brembana (BG) con la direzione di Sandro Seghezzi, volta a portare tra la gente la passione per la lettura.

Aurora Cantini ha parlato del suo libro “Il bambino con la valigia rossa”, accompagnata dalla Compagnia FiloDrammatica di Santa Brigida.

Mentre Aurora illustrava il suo libro, le due cantautrici Carla e Mariagrazia Busi raccontavano, cantando, le storie di quattro bambini legati a Don Bepo Vavassori, il fondatore del Patronato San Vincenzo di Bergamo. Il tema conduttore è stato il dramma subito dai più piccoli nell’infuriare della guerra, in particolare la Seconda Guerra Mondiale, le tragiche separazioni di madri e figli nei campi di sterminio e i piccoli ebrei in fuga oltre la frontiera italiana. 

Mariagrazia e Carla cantautrici della Compagnia Filodrammatica Santa Brigida

Bambini senza più casa, né nome, né storia. Bambini con la valigia, poche cose raccolte in fretta, senza possibilità di attese. Si legge nei documenti storici: “A Santa Brigida, un piccolo paesino nascosto nell’Alta Valle Brembana, Orobie Bergamasche, durante l’ultima guerra, passava la strada della libertà. Don Giuseppe Vavassori, rettore del Patronato San Vincenzo di Bergamo, con altri preti e persone del posto, aveva organizzato un “sentiero della salvezza”, per sottrarre alle leggi razziali le famiglie di ebrei. Per non dare nell’occhio, don Bepo si faceva aiutare dalle donne: giovani, anziane e bambine. Esse portavano da mangiare a queste famiglie nascoste nelle stalle del paese e le accompagnavano oltre frontiera.” 

In questo contesto raccontato in musica, si inserisce il romanzo “Il bambino con la valigia rossa“di Aurora Cantini. La narrazione, ispirata ad una storia vera, è ambientata negli anni dal 1943 al 1952 a Bergamo, con sfondo centrale i fatti della Seconda Guerra Mondiale. Il bambino protagonista, raccolto nei primi giorni di gennaio del ’44 dai gendarmi dopo che la madre l’ha lasciato solo e consegnato al Brefotrofio dell’Ospedale Maggiore da un fantomatico zio, funge da voce narrante dei fatti tragici della guerra a Bergamo. Racconta la sua vita e quella di tanti altri bambini “esposti all’abbandono”, piccoli e innocenti testimoni della povertà, del silenzio, della fame e della solitudine. Racconta anche dei preti coraggiosi, degli arresti frequenti, delle sparizioni delle persone care.

“C’era un bambino con la valigia rossa laggiù in città,

una giovane donna lo vide e gli prese la man.

Ora stanno girando cantando insieme per la città,

storie di pace e pane, di fratellanza ed umanità…” (Dal canto popolare della tradizione “Il bambino con la valigia rossa”)

La valigia rossa ispiratrice del romanzo Il bambino con la valigia rossa

Ma le storie dei bambini delle guerre continuano ancora oggi. “Da sempre la guerra è nemica giurata dell’infanzia”, scrive l’Unicef nel suo sito. “Con il suo carico di lutti e distruzioni interrompe tragicamente l’età in cui un essere umano ha un bisogno assoluto dell’affetto e della protezione da parte del mondo adulto. Ma se per secoli le guerre avevano la forma di scontri fra soldati, con i civili nel ruolo di spettatori e vittime occasionali, quelle della nostra epoca sono quasi esclusivamente stragi di persone inermi” (Fonte Unicef, bambini e guerre)

Una delle guerre più vicine a noi che hanno coinvolto i bambini è stato il conflitto in Kosovo. Nei primi anni del Duemila giunsero in Italia, fuggendo dalla guerra, molte famiglie di rifugiati con numerosi bambini. Durante la permanenza a Bergamo al Patronato San Vincenzo venne loro chiesto di esprimere le loro emozioni attraverso pensieri e disegni. Nel loro italiano stentato i bimbi  scrissero frasi di disarmante e struggente semplicità.

“Nel Kossovo l’usignolo non canta più

La siepe suo nido mia casa bruciata caduta giù

Mio padre partito per guerra non torna più

Mia madre mi porta in Italia non ride più

Eppure la speranza non abbandonava mai il cuore di quei piccini, i versi finali della canzone sono un inno alla rinascita, al ritorno dell’infanzia.

“Ma un giorno la guerra di Kossovo finirà

Mio padre partito per guerra ritornerà

Mia mamma contenta mi abbraccia poi riderà

Campana di chiesa per festa poi suonerà” (dal canto “L’usignolo del Kosovo non canta più”)

Aurora Cantini e le cantautrici Marigrazia e Carla