“Cosa ci rimane di un mondo di versi?”

“E ora cosa ci rimane di un mondo di versi?”

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Sul quotidinao L’Unità del 4 ottobre un articolo fa riflettere, firmato da Alessandro Agostinelli, dal titolo “La fine della Poesia, l’oblio del Pensiero“. Infatti apre una ferita mai rimarginata. “Le classifiche e i premi Letterari tentano ancora di tenere in vita la Poesia. La Poesia è morta per il mondo. Nonostante noi abbiamo due milioni di sedicenti poeti che pubblicano a loro spese, la poesia non esiste più. Da quando la poesia ha perso i suoi committenti si è perso anche il luogo della poesia.”
Il giornalista Agostinelli rimarca che “I lettori sono rari. La poesia vivacchia a stento nelle collane editoriali. Le riviste letterarie che fino a metà del Novecento alimentavano dialoghi, correnti, manifesti letterari sono scomparse. Il Poeta è solo.”
La parola della Poesia deve essere precisa, accurata, scelta. È quella parola, e non un’altra. “È solo quella parola, in quel verso, solo quella può illuminare un’emozione. La parola della poesia deve essere quella parola a tempo indeterminato” dice ancora Agostinelli. “E meglio sarebbe se quella parola tornasse al potere della viva voce, e uscisse dalle paludi delle troppe pubblicazioni inutili. La viva voce è potente perché ha delle vibrazioni emotive che la parola scritta non può trasmettere. E di questo dovrebbero farsi carico i Poeti.”
Parlare innanzitutto di Poesia, recitare le poesie, narrare poeticamente in pubblico è il solo strumento che può far risollevare la potenza della Poesia e ridare quiete all’uomo e alla sua anima.
Perché, come dice Antonio Tabucchi, i grandi personaggi dal Presidente degli Stati Uniti al Papa, quando devono lanciare un messaggio forte, “non mandano mail, ma parlano.”
Non c’è nulla di più travolgente del sentire la viva voce di una poesia. Io li vedo, i lettori, quando leggo ad alta voce le mie poesie in pubblico, ascoltarmi rapiti. Io so che quello che sto esprimendo è il cuore profondo e arcano dell’Umanità fin dai suoi albori, quando elevava canti e salmi, inni e preghiere al Dio lassù. Umanità che sopravviveva nella povertà, senza cultura, non letterata, ma viva.

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Spero che la Poesia torni nelle piazze, torni a cantare le sue ottave o le sue terzine, torni a erompere con il suo impeto d’orgoglio ad alleviare e incantare, per ridare identità alla nostra lingua.
“La poesia è la scienza più esatta della parola (non ce ne sono altre più efficaci)” conclude Agostinelli. Il quale auspica che “è necessario tornare alla viva voce della Poesia.”

C’è poi un altro articolo sempre pubblicato su L’Unità, firmato da Valeria Trigo, che coglie appieno il “problema” legato alla Poesia oggi e al suo disinteresse. “Dopo i fasti degli anni Settanta Ottanta, la Poesia è rimasta l’arte che non ha voce in capitolo. Alla cronica assenza di lettori, di pubblico, che non siano i poeti stessi o i familiari dei poeti, si è aggiunta una quasi totale assenza della critica, indifferente alla poesia e rivolta perlopiù al passato. Molti degli stessi critici ignorano senza tanti rimorsi la produzione poetica attuale.
Nel panorama editoriale italiano ci sono ottimi poeti pubblicati da case editrici minori o addirittura invisibili, e autori, a volte di scarso interesse, che escono in case editrici molto accreditate.”

Come darle torto?

 

2 Risposte a ““Cosa ci rimane di un mondo di versi?””

  1. Triste verità…
    Ma per educare alla poesia dovremmo anche educare all’ascolto: ascolto degli altri, dei suoni della natura e di se stessi, dei propri sentimenti.

    Ma il cellulare chiama e il tempo fugge….

    1. E’ questa l’unica strada da percorrere, cara Luciana, hai ragione: educare all’ascolto, alla pazienza, all’attesa. E forse ci sarebbe più di amore nel mondo.

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