“CESARE DEVE MORIRE”
dei fratelli Taviani
Quanta emozione nel film dei fratelli Taviani sulla vita all’interno di un carcere. Eppure, proprio là dove si infrange la speranza, e dove l’uomo solo davanti al baratro si misura con il proprio limite, nasce il germoglio di un giorno nuovo, di una rinascita, che sempre c’è e comunque, nonostante tutto, sopra tutto e tutti, contro tutto e tutti.
Il film racconta di come nella sezione di Alta Sicurezza del carcere di Rebibbia si vuole mettere in scena il “Giulio Cesare” di Shakespeare: come attori ci sono i detenuti, molti dei quali condannati all’ergastolo. Ogni giorno viene descritta la solitaria, triste e annullante giornata dei prigionieri, ma anche la voglia di riscatto attraverso le parole del testo teatrale che, man mano, conquista i cuori e offre una possibilità di Redenzione e Speranza, fino al successo della messa in scena davanti al pubblico.
Infatti in molte carceri, anche a Bergamo, i detenuti vengono avvicinati al teatro, alla scultura, alla poesia. Ed è meraviglioso scoprire come il creare versi, l’ascoltare il cuore, l’intingere la mente nella parola può creare le basi per una nuova partenza.
Perciò la poesia fa miracoli, fa compagnia, rasserena le ore disperse, acquieta i tormenti e il buio del giorno, apre lo scrigno segreto e doloroso del cuore dell’umanità, imperfetto e sbrecciato, ma sempre e solo vera goccia di universo, uno sguardo lanciato sul mondo in un incontro sublime tra esseri e Invisibile.
Per “Cesare” e per tutti coloro che guardano il cielo dall’angolo della vita.
LA MIA POESIA
PRIGIONI
Due letti scricchiolanti
il perenne sapore di vecchio
di stanco.
Nell’aria un’eco
un pianto silenzioso
tra nude pareti bianche.
Sui comodini sbrecciati
cartoline e fogli
matite
un rossetto
in un angolo un libro
un sentimento.
E su un foglio
vicino alla lampada
qualcuno cancella i giorni.
(Da Fiori di campo 1993 rieditato 2011)